Attualità

Suicidi giovanili: sotto accusa anche i chatbot

di Priscilla Rucco -


È allarme suicidi tra i giovani: l’Organizzazione Mondiale della Sanità riferisce che è la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali. Anche il nostro Paese ha registrato di recente un sensibile aumento di casi tra giovani e giovanissimi: l’età si è abbassata, con un tentato suicidio al giorno. Nelle ultime ore ChatGPT e altri chatbot – sempre riferiti all’intelligenza artificiale – sono sotto accusa per aver fornito ad alcuni utenti (come nel caso del giovane Adam Raine), risposte dettagliate nella pianificazione del proprio suicidio. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Patrizia Marletta, logopedista, pedagogista e consulente familiare.

Dottoressa Marletta, quali sono i fattori di rischio?

“I fattori di rischio sono: genetici, per malattie mentali e casi di suicidio familiari, violenza domestica, lutto dei genitori, abusi, disturbi depressivi, disordini affettivi, malattie che causano dolore cronico, atti di bullismo e cyberbullismo, pressioni scolastiche, l’intransigenza degli adulti, genitori e insegnanti hanno talvolta condizionato alcuni ragazzi richiedendo standard elevati e severi, aumentando l’ansia da prestazione o le delusioni scolastiche, sentimentali e familiari, causa di forte stress emotivo”.

A quali segnali dobbiamo stare attenti?

“I ragazzi possono mostrare: ansia, aggressività, disturbi dell’umore o alimentari, comportamento antisociale, autolesionismo, depressione, alterazione del sonno, problemi a scuola, inattività sportiva, dipendenze dal gioco d’azzardo, dall’eccessivo consumo di alcol e di sostanze. I “falsi suicidi” coinvolgono quei giovani che, dopo aver assunto particolari sostanze, provano esperienze extra-corporee tali da essere indotti a cadere dal balcone, pensando di poter volare.

Quali sono i fattori di rischio psicosociali?

“Tutto quello che può portare a sviluppare stati depressivi come: il senso di solitudine, ovvero lo stare da soli, in tranquillità, senza la percezione d’isolamento; l’isolamento sociale, ovvero la totale mancanza di rapporti con gli altri; l’essere solo, “loneliness” ovvero la chiusura in se stessi, l’incapacità di dare significato alle cose, la presenza di dolore e noia. Il ragazzo, in tutte le condizioni ora descritte, ritiene che la propria situazione sia immodificabile e, quindi, sente di essere “senza speranza”: non crede più di poter ricevere aiuto da alcuno, non spera più in sé stesso, non si ritiene in grado di far fronte ai problemi, sprofonda nell’impotenza sentendosi privo di risorse”.

Quali sono i “luoghi comuni” in fatto di suicidio?

In tanti dicono che “non si può prevenire un suicidio”: non è così, i segnali anche se deboli da cogliere ci sono; frasi sul senso della vita, regali inspiegabili, depressione, disinteresse per le cose alle quali prima teneva. “Parlare di suicidio con qualcuno aumenta il rischio di comportamento suicidario”: è falso, parlare è utile, allevia il senso di oppressione. “Il suicidio è una reazione normale a una situazione anormale”: non è vero, mai sottovalutare qualunque manifestazione di pensieri suicidari, bisogna incoraggiare immediatamente la persona a cercare aiuto. “Chi parla di suicidio non si suiciderà mai”: ma no, più volte queste persone scrivono o parlano della morte. “La persona che si suicida vuole morire”: nulla di più falso, perché ci sono sentimenti ambivalenti sulla volontà di morire, tanto che le persone aiutate, a cui si impedisce il suicidio, dimostrano poi, una grande gratitudine.
Colui che ha l’intento di suicidarsi può dare segnali diretti, espressi a voce o negli scritti in cui riferisce di: voler morire, ferirsi o uccidersi; sentirsi senza speranza o di non avere motivi per continuare a vivere; essere intrappolato o di provare un dolore insopportabile; credere di essere un peso per gli altri; cercare modi per uccidersi, ad esempio reperendo su internet o attraverso chatbot i metodi di suicidio, corde, pastiglie o altri mezzi per compiere l’atto estremo.
Colui che vuole suicidarsi può dare segnali indiretti come assumere comportamenti diversi: estraniarsi dalla famiglia, dagli amici e dalla società; isolarsi e non socializzare; aumentare l’uso di alcol e droghe; cambiare personalità, umore, comportamento; agire in modo ansioso o agitato, comportarsi in modo stressante; modificare l’alimentazione o cambiare i ritmi del sonno; mostrare rabbia incontrollata o cercare vendetta”.

Un suo consiglio?

“Sicuramente i fattori protettivi diminuiscono la possibilità che un individuo consideri l’idea del suicidio, lo tenti o lo possa compiere: un pensiero di sé positivo, adeguate abilità di risoluzione dei problemi, tendenza a cercare aiuto e sostegno a livello sociale.
Purtroppo l’uso improprio dei social può causare isolamento e dipendenza che, nei soggetti più predisposti, ingenera ansia, depressione, pessimismo nei confronti delle proprie possibilità e del futuro. Nascono senso di inadeguatezza ed incertezza tale che i più fragili trovano rifugio in realtà virtuali e artificiali, causando il rifiuto del mondo esterno. La mania per il web ha aumentato il rischio di suicidio, forse perché i giovani in situazione di fragilità lo considerano come se fosse un’ancora di salvezza. Oggi impera Internet, oltre all’uso di alcol e droga: chiunque esageri nel vivere una vita parallela online o sui social, ha una sofferenza che deve essere compresa e curata. Non esiste solo la morte fisica ma anche quella sociale, ma se entriamo in empatia e ascoltiamo il suo dolore anche qualche hikikomori, chiuso in camera a vivere una vita in compagnia del computer, uscirà dal silenzio della sua anima”.


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