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Esteri

Sulla Striscia di Gaza la normalizzazione procede a ritmo lento

La questione della restituzione delle salme è fonte di tensione

di Ernesto Ferrante -

Striscia di Gaza


Nove persone sono state uccise e 35 sono rimaste ferite nell’ultimo giorno di operazioni delle Idf nella Striscia di Gaza. Dallo scoppio della guerra, le vittime sono 67.938, i feriti 170.169.

Sarebbe di un civile palestinese accusato di essere un collaborazionista la quarta salma consegnata da Hamas agli israeliani. A riportare la notizia è stato il sito di Ynet dopo che l’agenzia di stampa Shehab ha pubblicato una foto dell’uomo deceduto identificandolo come Khalil Dawas, residente nel campo profughi di Aqabat Jaber in Cisgiordania. Dawas non era un soldato, ma un civile palestinese sospettato di aver aiutato le Forze di sicurezza israeliane (Idf). Per la fazione islamista, invece, i resti sono quelli di un soldato israeliano catturato e ucciso dalle Brigate al-Qassam durante i combattimenti a Jabaliya nel maggio del 2024.

Il valico di Rafah

Dovrebbe riaprire oggi al transito di persone e veicoli il valico di Rafah, porta d’ingresso fondamentale per gli aiuti umanitari che collega l’Egitto alla Striscia di Gaza. Le operazioni saranno supervisionate dall’European Union Border Assistance Mission (Eubam). L’Autorità Nazionale Palestinese (Anp) ha dichiarato di essere pronta a gestire il passaggio.

La vendetta di Hamas

Hamas ha intimato agli abitanti di Gaza di consegnare alle proprie forze di sicurezza i presunti traditori o mercenari che lavorerebbero per Israele, avvertendo che chi non lo farà sarà colpito dalla “mano severa della giustizia”.

Negli ultimi giorni, dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco nella Striscia, si sono registrati violenti scontri tra il movimento islamico di resistenza e i gruppi rivali in diverse aree. Sarebbero stati giustiziati membri della famiglia Doghmush, un potente clan rivale di Hamas, la cui roccaforte è proprio nel quartiere di al-Sabra. Domenica, il ministero dell’Interno di Gaza, aveva annunciato un’amnistia per i membri di bande criminali “non coinvolti in spargimenti di sangue o omicidi”, spiegando che il periodo di clemenza sarebbe durato fino al 19 ottobre.

Netanyahu sotto accusa

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu deve essere ritenuto responsabile per aver “usato Hamas per restare al potere”. Lo ha detto a Channel 12 Yehuda Cohen, padre dell’ex ostaggio Nimrod Cohen, 21 anni, rientrato in Israele lunedì dopo essere stato rilasciato nell’ambito dell’accordo raggiunto tra le parti. Cohen ha promesso che “non resteremo in silenzio, non ci fermeremo finché questa persona non sarà più in grado di gestire nemmeno un chiosco di falafel. Persone come lui sono pericolose”. L’uomo ha accusato Netanyahu di aver “consegnato il sud del paese a Hamas in cambio di una somma di denaro” fino agli attacchi del 7 ottobre 2023. Da allora, “per due anni ha usato Hamas per preservare la sua carica politica e ora, per continuare a ricoprirla, serve una porzione di Israele agli Stati Uniti su un piatto d’oro”.

La composizione del Board of Peace

Israele avrebbe espresso grandi riserve sulla partecipazione di rappresentanti di Francia e Regno Unito nel “Board of Peace”, l’organismo previsto dal piano del presidente degli Stati Uniti Donald Trump per Gaza, incaricato di monitorare il lavoro del comitato palestinese tecnocratico e apolitico che dovrà guidare la Striscia.

Stando a quanto riferito a Deutsche Welle da un ex alto funzionario israeliano, che ha parlato a condizione di anonimato, Tel Aviv non avrebbe gradito il recente riconoscimento dello Stato palestinese da parte di Londra e Parigi, ritenendolo come un segnale di distanza politica. Israele, al contrario, vedrebbe con favore un coinvolgimento dell’Italia, considerata un partner più affidabile e vicino alle proprie posizioni, anche in virtù dell’allineamento all’amministrazione trumpiana. A favore di Roma, giocherebbe anche la maggiore autorevolezza della premier Giorgia Meloni.

Sempre secondo Dw, anche la Germania, oltre a Francia e Regno Unito, avrebbe manifestato interesse a farne parte, ma finora a nessuno dei tre membri del gruppo “E3”, in contrasto con la Repubblica islamica dell’Iran, sarebbe pervenuto un invito ufficiale.


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