Economia

Il D-Day del Superbonus, oggi il voto al Senato

di Giovanni Vasso -


Al Senato è di scena l’ultima battaglia del Superbonus, oggi il voto sulla conversione in legge del decreto che potrebbe scrivere la parola fine, una volta e per tutte, al bonus edilizio. Ma è una battaglia e tale sarà. Anche se l’esito sembra già scritto nella decisione, da parte del governo, di apporre la fiducia al voto decisivo di Palazzo Madama. Del resto, se le Commissioni pur servono a qualcosa, s’è capito subito che gli equilibri per azzerare il bonus si sarebbero lo stesso trovati, magari con la sponda dei centristi di Italia Viva. Forza Italia, che in commissione si è astenuta, ha confermato la volontà di restare “leali al governo che sosteniamo con grande convinzione”. Eppure, il segretario Antonio Tajani, ad Affari Italiani, ha ribadito che Fi non ha voglia di “rinunciare alla nostra identità”. Che, nel caso specifico, riguarda la lotta alle tasse. E, se il focus della discussione si sposta sul Superbonus, sullo Stato di diritto. Tajani, infatti, ribadisce la posizione: “Approvare leggi con effetto retroattivo mina la fiducia tra cittadini e istituzioni”. Per il vicepremier, che ne ha parlato anche a Radio24, si tratta di “una battaglia di principio” che non va interpretata come un no alla politica del risanamento dei conti.

Rispetto al progetto originale, qualcosa è pur cambiata. Nello specifico, innanzitutto la retroattività o meglio lo spalma-crediti decennale riguarderà solo i crediti maturati quest’anno mentre, dal prossimo anno, le banche non potranno più compensare le rate dei crediti di imposta coi debiti previdenziali. Cosa che, invece, sarà garantita alle persone fisiche. Chi ha già fruito di almeno una rata dei bonus edilizi non potrà più cedere i crediti d’imposta rimanenti. Per l’Abi, che ha stigmatizzato qualche residuo di “retroattività”, il nuovo impianto normativo renderebbe “impossibile alle banche compensare i crediti d’imposta acquistati incidendo negativamente sulla loro capacità di acquistare ulteriori crediti”. Per le banche, inoltre, passa da quattro a sei anni il periodo di tempo utile a spalmare i crediti acquisiti a un valore inferiore al 75%. Scettico il commento di Giorgio Delpiano, presidente di Confapi Aniem, secondo cui se è vero che “gli ultimi interventi hanno certamente migliorato il testo e attenuato alcune criticità” permangono tuttavia alcuni dubbi. Su tutti, quelli legati alla “retroattività dello spalma crediti” che “resta, seppur limitata alle spese sostenute nell’esercizio 2024, così come lo stop alla cessione delle rate residue dei crediti mette in seria difficoltà il sistema”. In attesa del voto, Fratelli d’Italia conferma che la musica, per i cantieri Superbonus, cambierà presto e che ci saranno nuovi e più serrati controlli. Affidati, anche, ai Comuni.

Intanto Enea, mentre al Senato si iniziava il dibattito parlamentare sul Superbonus, ha snocciolato i numeri del Superbonus. Che sono letteralmente da capogiro. Gli investimenti ammessi ammontano a oltre 117 miliardi di euro e, fino al 30 aprile, erano poco meno di 117,5 miliardi. Il totale degli investimenti per lavori conclusi si attesta a poco più di 112 miliardi. Sono stati coinvolti dai lavori ben 495.469 edifici: tra questi, 133.212 condominia per un investimento medio di 592.751,83 euro; 244.924 villette e abitazioni unifamiliari per un investimento medio di 117.180,69 euro; 117.325 sono unità indipendenti per un investimento medio di 98.282,45 euro e, infine, nel conto del Superbonus ci sono anche otto castelli per un investimento medio di 242.212,39 euro.

Cifre che convincono il ministro Giorgetti a restare della sua idea e a non cedere più di quanto non abbia già fatto. Per rafforzare la sua posizione, il titolare del Mef tira in ballo l’Ue. “Sul debito, purtroppo, gravano per cassa negli anni prossimi gli effetti negativi del Superbonus; d’altra parte i dati europei sul rapporto debito-Pil non incorporano i recentissimi provvedimenti che avranno effetti positivi sui conti”, ha spiegato affermando almeno due punti fermi. Il primo, che il governo non farà marcia indietro, il secondo che solo lo stop al Superbonus potrà restituire all’Italia gli effetti tonificanti della crescita, per alcuni osservatori come l’Istat tornata addirittura ai livelli pre-2008.


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