Politica

Supermario d’America

di Adolfo Spezzaferro -


Mario Draghi celebrato a New York, mentre l’Italia è in ginocchio, con famiglie e imprese alle prese con il caro bollette e il rischio di non arrivare a fine mese. Il premier uscente ritira il premio di “Statista dell’anno” e interviene alle Nazioni Unite, eppure ha lasciato a casa un Paese che non gli fa alcun applauso. Anzi. In questa campagna elettorale in cui le ingerenze estere sono la prassi e c’è chi chiede approvazione e sostegno fuori dall’Italia pensando così di aumentare i consensi, Draghi si fa il suo tour promozionale personale. Magari era stato già deciso di assegnarli prestigiosi riconoscimenti, per far gioco al suo governo, che nel frattempo è caduto. Ma resta il fatto che stride e non poco che mentre Draghi è negli Usa a prendersi gli applausi, a casa nostra in tanti, tantissimi non hanno come si suol dire gli occhi per piangere.

Se l’ex numero uno della Bce chiude in bellezza il suo mandato da presidente del Consiglio, lo può fare solo all’estero, visto che i suoi ultimi provvedimenti per arginare il caro bollette e la crisi che sta piegando la nostra economia sono insufficienti, tardivi. E rispecchiano in tutto e per tutto l’approccio di chi è a fine corsa e intende lasciare a chi verrà dopo di lui l’incombenza di affrontare quella che presto sarà una emergenza sociale. Resta dunque inascoltato l’allarme delle imprese, che fanno presente che è il governo ancora in carica che deve intervenire. Perché quando si insedierà la nuova legislatura e si formerà il nuovo esecutivo sarà troppo tardi. Come per l’agricoltura, martoriata dal maltempo, impoverita dal caro bollette, con il 34 per cento delle imprese in gravi difficoltà.

I partiti in campagna elettorale intanto si scontrano tra chi coglie l’occasione della trasferta negli States di Draghi per ribadire che solo lui può fare il premier, che lui sarebbe l’unico in grado di fare bene per l’Italia e chi invece non lo vuole più. Per un Di Maio che dice che alla fine Draghi accetterà un secondo incarico, come ha fatto Mattarella, c’è un Crisanti candidato dem che dice che Letta è cento volte migliore dell’ex SuperMario come premier. Per un Terzo polo che rimette su il disco rotto di quanto è bravo Draghi, se arriviamo al 12 per cento (sic!) lo riportiamo a Palazzo Chigi c’è Salvini che taglia corto: “Se vinciamo nessun ruolo per Draghi, negli Usa non c’è solo Biden”.
Biden che ha speso parole di elogio per l’ex banchiere centrale Ue, così come Kissinger. “Voce potente, grazie per la sua leadership”, dice il presidente Usa, sottolineando il suo impegno contro la Russia. “Lo conobbi su un volo e condividemmo un sandwich. Sempre creduto in lui, ha capacità e coraggio”, afferma l’ex segretario di Stato, che con i suoi 99 anni è l’highlander della politica Usa.

Ma gli elogi per un buon curriculum cozzano contro i fatti concreti: pochi spiccioli per l’emergenza alluvione nelle Marche e centinaia di milioni di euro per aiutare l’Ucraina. Se un piccolo imprenditore che ha perso tutto nell’inondazione o più in generale un commerciante che rischia di chiudere i battenti è furioso perché il nostro governo dà più soldi per una guerra in terra straniera che per aiutare i suoi cittadini, come gli si può dare torto? E se l’astensionismo resterà ai livelli altissimi delle ultime elezioni, di chi sarà la colpa? I cittadini si ritrovano in una campagna elettorale in cui si parla solo di Russia, di rapporti degli 007, di Orban, di chi è più filo-Ue e atlantista e quindi meritevole del voto. Poi non ci lamentiamo se domenica non andranno al seggio. O se voteranno per i partiti anti-sistema. Contrari, guarda caso, all’invio di armi in Ucraina.


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