Un Taco di troppo, ecco, è proprio quello che Donald Trump non può permettersi perché i mercati hanno sentenziato che è meglio un cattivo accordo che una buona sospensione. Il presidente americano è giunto a un bivio. In cui non può continuare a tirare la corda. Forse potrà tenere in piedi qualche questione (per ora) periferica, come lo scontro con il Brasile di Lula (che è pur sempre una potenza petrolifera e mineraria) in nome dell’amico, precipitato in disgrazia, Jair Bolsonaro. Ma con le potenze che contano davvero, a cominciare dalla Cina, Donald Trump non potrà più continuare a cincischiare, a tuonare minacce da Truth. E non potrà farlo nemmeno contro l’Europa che, per carità, sarà pure il nano politico che s’è confermato, ma rappresenta pur sempre un mercato da mezzo miliardo di consumatori. Ed è proprio a questo che punta.
La cedevolezza dell’Ue, la tentazione dell’all-in
L’Ue, da parte sua, ha già ceduto su (quasi) tutto. Gas e armi. Trump, vista la cedevolezza degli interlocutori, vorrebbe andare all-in e, con un’azione di forza, sanare tutte le storture. E tutti i torti, il presidente americano, non ce li avrebbe nemmeno dal momento che ha bisogno di successi da sbattere in faccia all’opinione pubblica che, sui dazi, ancora lo sostiene a spada tratta. In fondo, l’Unione europea è un guazzabuglio burocratico che si regge su fondamenta di carta, per quanto bollata. E che, sulla base di questi, irroga sanzioni multimilionarie ai giganti del web. Una tradizione, per Bruxelles: fin dai tempi in cui Bill Gates ancora guidava in prima persona Microsoft. Big Tech ha ripreso coraggio e Trump, sul tavolo, ha messo pure il nodo digitale.
I mercati vogliono l’accordo non un altro Taco
Il rischio, però, è quello di voler troppo e di stringere poco. Il Segretario al Commercio Howard Luttnik, alla Cbnc, ha ribadito che l’Ue vuole “davvero, davvero, davvero” questo accordo. Del resto, il portavoce Olof Gill, nel primo pomeriggio, aveva ribadito che “l’accordo è a portata di mano”. L’occasione per farlo è ora. I termini, ancora una volta, li ha ribaditi il solito Financial Times: 15 per cento, e tutti a casa. Altrimenti l’Ue sarà costretta a fare ciò che non vuole. E cioè a mettere in campo, insieme alla rappresaglia da 93 miliardi sui beni americani e controdazi al 30%, pure il “bazooka”. Che no, non c’entra con quello evocato a suo tempo da Mario Draghi. Uno strumento anti-coercizione che consentirebbe alla Commissione Ue, per evitare pressioni, di estromettere gli americani dagli affari europei. E questo scenario è meglio non evocarlo nemmeno, per le imprese americane. Che dovranno limitare l’appetito loro e del presidente Trump. Meglio un cattivo accordo che l’ennesima pausa. Un altro Taco sarebbe davvero di troppo e i mercati, non lo digerirebbero.
La Cina sulla riva del fiume
Ursula von der Leyen, che ieri era in Cina per riannodare – dove possibile – le relazioni con il Dragone ha spiegato, per l’ennesima volta, che l’Ue vuole l’accordo ma che è pronta a mettere sul campo tutti gli strumenti. Non può pretendere, Trump, la resa incondizionata dell’interlocutore. Xi, sornione, è lì ad attendere. Basta poco, a Cina e Ue, a riattivare le vie della Seta. Pechino, che comunque sarà danneggiata dalle tariffe americane, non aspetta altro che di invadere i mercati europei con la sua sovraccapacità. Von der Leyen vuole evitare proprio questo: “Abbiamo una relazione importante – ha affermato – ma per avere successo dobbiamo vedere più progressi sulle questioni che sono difficili per noi. È importante ascoltarci a vicenda e trovare soluzioni pragmatiche”. Altro che Taco, i mercati non aspettano nessuno.