Esteri

Taiwan accusa la Cina di spionaggio

di Martina Melli -


Taiwan ha accusato la Cina di spionaggio: le presunte “spie comuniste” sarebbero state disposte in vista delle cruciali elezioni presidenziali in cui si giocherà il rapporto dell’isola con Pechino.
Negli ultimi 10 mesi, le autorità taiwanesi hanno accusato continuamente Pechino. Lo scorso ottobre, Liu Sheng-shu, colonnello in pensione dell’aeronautica, è stato condannato a 20 anni di prigione per aver gestito una rete di spionaggio militare per conto di Pechino.

Dall’inizio dell’anno almeno 16 persone sono state accusate di spionaggio, rispetto ai 44 casi di registrati dall’Ufficio investigativo del Ministero della Giustizia di Taiwan tra il 2013 e il 2019. La questione si inserisce in un momento storico particolarmente delicato tra l’isola autogovernata e il continente: le rivendicazioni della Cina si fanno sempre più minacciose, e la pressione militare e politica continua a crescere. La Cina invia sempre più aerei da combattimento nella zona di difesa aerea di Taiwan, rimproverando i propri leader per le visite che rasentano la diplomazia. Ha anche vietato le importazioni di ananas, mango e alcuni tipi di pesce da Taiwan.

Dai rapporti emerge come Pechino abbia ampliato le sue reti di spionaggio a livello globale, in particolare contro gli Stati Uniti. Secondo vari esperti e funzionari taiwanesi lo spionaggio non sarebbe altro che un modo di interferire o esercitare influenza sull’isola e per questo motivo in molti si aspettano che ciò non faccia che aumentare con l’avvicinarsi delle elezioni di gennaio.

Cosa succederà dopo le elezioni?

Il voto di gennaio è molto significativo in quanto contrappone l’attuale Partito Democratico Progressista (Dpp), che considera Taiwan indipendente e sovrana, ad almeno tre candidati dell’opposizione che sostengono il mantenimento dello status quo riavviando il dialogo con Pechino. E una vittoria per il candidato del Dpp e attuale vicepresidente William Lai, che secondo Pechino “si aggrappa ostinatamente alla posizione separatista”, rappresenterebbe un problema per i piani di unificazione della Cina.

Il timore di Taipei è che le “spie” cinesi non rubino solo informazioni top secret ma contribuiscano anche a plasmare l’opinione pubblica. Come sostiene Kerry Gershaneck, studioso in visita presso l’Università Nazionale di Chengchi di Taipei, metà della strategia della Cina a Taiwan implica una “guerra mediatica” per fratturare psicologicamente e demoralizzare l’opinione pubblica taiwanese. Ad esempio, nel periodo precedente alle ultime elezioni del 2020, si scoprì che Pechino aveva pagato i media taiwanesi per una copertura positiva della madrepatria.


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