Cultura & Spettacolo

Tanta buona VOLOntà

di Nicola Santini -

Gran Voglia di Vivere 2023


È chiaro che quando uno inizia a streamingare un film che si intitola “Una gran voglia di vivere” un po’ se la cerca. E io me la sono cercata. Tante cose già le sapevo, perché avevo sfogliato il libro da cui è tratto il film. Sono scritti entrambi da Fabio Volo, quindi il genere deve piacere.
Il film è una commedia romantica e racconta la storia di una coppia in crisi, che decide di superarla facendo un viaggio on the road in Norvegia con il figlio. Chiaramente la cosa non può che incuriosire perché Atlante alla mano, se uno tanto tanto spera di volersi bene per qualche altro anno ancora, tutto può scegliere tranne, a parer mio, che andare a svernare in Norvegia. Specie se c’è di mezzo una creatura. Ma questa scelta è l’unica trasgressione ai cliché che si sprecano in tutto il resto della trama.
Il marito, interpretato da Fabio Volo che è l’uomo granitico e iper razionale con quel tot di complessi infantili, che quando pensa alla vita vede davanti a se un business plan da cui escludere ogni imprevisto, ma che, come da cliché si infatua da tutto ciò che più distante da sé non potrebbe esistere. Ossia da una donna gioiosamente preda di confusione e isìrrazionalità istintiva, che però si rivela all’occorrenza materna e protettiva. Dunque, un secondo stereotipo.
Solo che a un certo punto si fanno i conti con le differenze che da qui in avanti si chiameranno più onestamente contrasti, perchè alla base non c’è realismo di intesa, ma tentativo di creare personaggi funzionali alla storia.
Non sono in ballo delle identità verosimili quelle che vediamo in auto a spasso dalla partenza all’arrivo, quanto delle funzioni narrative, messe lì per affermare l’importanza del concetto di famiglia tradizionale, rivenduto come valore di bandiera della nostra identità nazionale. Fosse stato ambientato trent’anni fa, ancora ancora. Ma ora come ora…
Va da sè, modalità pilota automatico, che il tutto fili liscio come l’olio verso l’unica soluzione narrativa possibile: le gag scontate (che ci sono in abbondanza) e le situazioni altrettanto stereotipate, infilate in faccia allo spettatore con una regia altrettanto banalotta che conosce di base due formule che ripete all’infinito: il totalone e il primopianone languorone languorone.
Arrivati a destinazione ci si ritrova riflessi in una cultura straniera, con modelli di vita diversi da quello italiano, dove i norvegesi vengono visti come Vichinghi e la Norvegia come un Luna Park dove vederli.
In questo parco giochi, ad esempio,l’approccio al mussulmano con le sue abitudini coniugali rappresenta la trasgressione delle trasgressioni, ma che rivela una saggezza che sfugge ai cliché occidentali. Per scoprirlo dovevano andare in Norvegia.
C’è poi una coppia spagnola, che ha mollato tutto per vivere una vita a contatto con la natura che però è nella fase risveglio e scazzo quotidiano. Dopo un po’ con la natura e basta ti spalli:ridateci il chiringuito come sogno proibito.
Non potendo attingere dalla razza umana, il messaggio della Provvidenza che fa in qualche modo rinsavire Volo è il personaggio dell’orso: non parla ma comunica meglio di chiunque altro. C’è quel filo di Disney che non guasta mai. E di cui io avrei fatto a meno.
Ognuno, pur essendo partito in gruppo, si trova, volente o nolente a fare i conti con sé stesso e a cercare di recuperare un contatto con la propria individualità.
E tutto questo per cosa? Per ritrovarsi, come un po’ ci si aspettava a circa 5 minuti dai titoli di testa a far coincidere l’inizio del discorso con la fine, un po’ Gattopardiana: se vogliamo che tutto torni come era, tutto deve cambiare.
Così che alla fine, in maniera piuttosto prevedibile, il punto di inizio del viaggio coincide con quello finale, cioè cambia tutto, affinché non cambi niente. Che poi è quello che ci si aspetta se il genere è commedia amorosina italiana. Per cui, o piace o non piace.
E a noi piace farci portatori del passaporto dei valori tradizionali della famiglia tradizionale che se scazza, salta in macchina alla scoperta di un Paese bello sì ma che se non vuoi stare solo con te stesso finisci che litighi pure con te stesso, dopodiché finisce a tarallucci e vino. Formula che nel libro non mi è dispiaciuta, mentre nel film, messa in uno storyboard che ovviamente ha dovuto fare sconti alla storia e alla penna di Volo, mi ha convinto molto meno.

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