La direttiva Ue sull’efficientamento energetico rischia di diventare una tassa patrimoniale per gli italiani. Perché così rischia di esser la spesa “obbligatoria” cui si esporrebbero molti italiani per gli effetti della Direttiva Ue sulle Case Green. Così, plasticamente, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni durante il dibattito al Senato dopo le sue comunicazioni all’Aula sul prossimo Vertice Ue. “Per questo – ha aggiunto – insisto a dire che determinati obiettivi devono essere perseguiti attraverso una sostenibilità sociale ed economica”. Ma quale, con quali fondi? “Quando abbiamo chiesto in Europa se ci siano dei fondi dedicati all’efficientamento, ci hanno risposto che forse ci saranno dal 2028. Peccato che gli interventi vanno conclusi entro il 2027, e quindi bisognerà spiegare chiaramente agli italiani che non potranno efficientare le loro case gratis”.
Parole che fanno il paio con quelle del ministro Gilberto Pichetto Fratin, che fa i conti e dice che non ci sono fondi. “Sulla direttiva europea delle case green, secondo la quale gli edifici residenziali dovrebbero raggiungere la classe di prestazione energetica E entro il 2030 e D entro il 2033 – ha affermato ad un convegno – dico che così non funziona perché va fatto un ragionamento su interventi più mirati”. “Nessuno mette in dubbio che il 40% delle emissioni derivino dai fabbricati e che si debba intervenire fin d’ora con delle misure – ha spiegato – . Però, in Italia, al momento, abbiamo 21 milioni di edifici in classe E, F e G. Togliendo i monumenti e gli edifici di interesse storico, ne rimarrebbero circa 15 milioni. Se con i 110 miliardi di incentivi spesi finora per efficientare gli edifici siamo intervenuti su 360mila immobili, come facciamo ad intervenire su 10 milioni di edifici?”.
Alle parole della politica si aggiunge l’analisi di Unimpresa, per la quale “la situazione in cui si troveranno i proprietari degli 8 milioni di immobili da adeguare agli standard energetici Ue, il 60% del totale, è accostabile a quella di chi è responsabile di un abuso edilizio. Ci troviamo in questa situazione perché, come sempre, le regole europee vengono disegnate sugli standard dei Paesi del Nord, dove ci sono situazioni molto diverse rispetto all’Italia. È la politica italiana che in Europa non si fa sentire e conta zero”, dice il consigliere di Unimpresa, Cristiano Minozzi. Per l’associazione vanno fatte due cose, entrambe di compito del Governo: “Intervenire a Bruxelles sulla direttiva già approvata dal Parlamento europeo. C’è tempo fino a giugno per correggere la norma, adattando le nuove regole e cercando di inserire adattamenti Paese per Paese, secondo le differenze di ciascun “parco” immobiliare. Ma anche allungando i tempi entro i quali sarà obbligatorio ristrutturare le abitazioni e gli edifici, per renderli più efficienti sul piano energetico”.
TASSA GREEN

La direttiva Ue sull’efficientamento energetico rischia di diventare una tassa patrimoniale per gli italiani. Perché così rischia di esser la spesa “obbligatoria” cui si esporrebbero molti italiani per gli effetti della Direttiva Ue sulle Case Green. Così, plasticamente, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni durante il dibattito al Senato dopo le sue comunicazioni all’Aula sul prossimo Vertice Ue. “Per questo – ha aggiunto – insisto a dire che determinati obiettivi devono essere perseguiti attraverso una sostenibilità sociale ed economica”. Ma quale, con quali fondi? “Quando abbiamo chiesto in Europa se ci siano dei fondi dedicati all’efficientamento, ci hanno risposto che forse ci saranno dal 2028. Peccato che gli interventi vanno conclusi entro il 2027, e quindi bisognerà spiegare chiaramente agli italiani che non potranno efficientare le loro case gratis”.
Parole che fanno il paio con quelle del ministro Gilberto Pichetto Fratin, che fa i conti e dice che non ci sono fondi. “Sulla direttiva europea delle case green, secondo la quale gli edifici residenziali dovrebbero raggiungere la classe di prestazione energetica E entro il 2030 e D entro il 2033 – ha affermato ad un convegno – dico che così non funziona perché va fatto un ragionamento su interventi più mirati”. “Nessuno mette in dubbio che il 40% delle emissioni derivino dai fabbricati e che si debba intervenire fin d’ora con delle misure – ha spiegato – . Però, in Italia, al momento, abbiamo 21 milioni di edifici in classe E, F e G. Togliendo i monumenti e gli edifici di interesse storico, ne rimarrebbero circa 15 milioni. Se con i 110 miliardi di incentivi spesi finora per efficientare gli edifici siamo intervenuti su 360mila immobili, come facciamo ad intervenire su 10 milioni di edifici?”.
Alle parole della politica si aggiunge l’analisi di Unimpresa, per la quale “la situazione in cui si troveranno i proprietari degli 8 milioni di immobili da adeguare agli standard energetici Ue, il 60% del totale, è accostabile a quella di chi è responsabile di un abuso edilizio. Ci troviamo in questa situazione perché, come sempre, le regole europee vengono disegnate sugli standard dei Paesi del Nord, dove ci sono situazioni molto diverse rispetto all’Italia. È la politica italiana che in Europa non si fa sentire e conta zero”, dice il consigliere di Unimpresa, Cristiano Minozzi. Per l’associazione vanno fatte due cose, entrambe di compito del Governo: “Intervenire a Bruxelles sulla direttiva già approvata dal Parlamento europeo. C’è tempo fino a giugno per correggere la norma, adattando le nuove regole e cercando di inserire adattamenti Paese per Paese, secondo le differenze di ciascun “parco” immobiliare. Ma anche allungando i tempi entro i quali sarà obbligatorio ristrutturare le abitazioni e gli edifici, per renderli più efficienti sul piano energetico”.