TAV in tre atti: binari morti e barricate vive
In Val di Susa il Tav continua a non arrivare, ma la tensione è sempre in perfetto orario. Chi corre davvero? Solo la rabbia.
Atto primo: il treno fantasma
In Val di Susa è andato in scena l’ennesimo episodio del solito film. No Tav contro polizia. Sassi da una parte, scudi dall’altra, fumo ovunque, come ogni estate. Il treno? Ancora assente. Ma almeno il caos, quello, è Puntuale come un aumento in bolletta.
I No Tav dicono che è una follia: troppi soldi, troppi danni, zero ascolto. Alcuni sfilano pacifici, altri preferiscono lanciarsi direttamente nel sequel de I guerrieri della valle. In ogni caso, non è solo una questione di rotaie. È una questione di fiducia, “bruciata” sotto un mucchio di macerie, insieme ai boschi.
Atto secondo: progresso a colpi di ruspa
Dall’altra parte c’è lo Stato, che spinge forte su quest’opera, come fosse l’ultima occasione per non restare tagliati fuori dal futuro. Parlano di Europa, sviluppo, logistica. Ma qui più che una rete ferroviaria sembra un manuale di marketing riciclato male.
E intanto i cantieri vanno avanti, i milioni si moltiplicano e la polizia arriva puntuale ogni volta che qualcuno prova a dire “scusate, ma perché?”. Il treno resta sulla carta, ma lo scontro è ben visibile. E armato.
Atto terzo: il treno che non si ferma
Nel mezzo, chi la valle la abita davvero. Quelli che non stanno in piazza, né nei talk show. Respirano la polvere, sentono le sirene, contano le notti in cui non si dorme. Alcuni appoggiano la protesta, altri ormai non sanno neanche più da che parte stare. Si vive in un cantiere a cielo aperto, senza sapere quando (e se) finirà.
Chi ha ragione? Forse non è la domanda giusta. Perché qui più che capire, si tira dritto. Chi sta al potere pensa che il dissenso sia solo una noia da gestire. Chi protesta, a volte, dimentica che la rabbia non basta. E così, mentre tutti litigano su chi ha il biglietto giusto, il vero treno, quello dell’ascolto, è già passato. Ma non si è fermato. E forse non ripassa più.
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