Attualità

Televoto Sanremo, è giallo. La Rai: non è di pubblico interesse

di Redazione -


di Lorenza Sebastiani

Il giallo sul televoto si infittisce, Rai risponde al Codacons e si rifiuta di fornire i dati sulle votazioni di Sanremo. Immaginate se qualcuno vi dicesse che la faccenda dell’ultimo televoto sanremese (che ha animato le discussioni via social di tutto lo scorso mese) fosse definita “non di pubblico interesse”. È esattamente ciò che è appena successo.

La risposta della Rai alla richiesta di accesso agli atti del Codacons sui flussi di votazioni e televoto, cita queste testuali parole: “Il Festival di Sanremo, come noto, è un programma avente finalità di spettacolo televisivo canoro e conseguentemente tutte le attività relative alle giurie e votazioni devono intendersi riferite alla disciplina interna delle regole competitive, improntata ala liceità della gara canora, ma avulse da ogni finalità di pubblico interesse”.

L’azienda pubblica ha risposto, quindi, con un sonoro “no” all’associazione dei consumatori e a APS, Associazione Utenti dei Servizi Radiotelevisivi, interessate a capire la struttura del televoto e anche una sospetta mole di due milioni di voti inviati e non registrati (numero frutto di un’inchiesta della trasmissione Striscia La Notizia). Numeri che potrebbero fruttare un ribaltone della classifica finale. Ma perché la Rai non sceglie di liberarsi dai sospetti di tanti spettatori e fornire l’accesso a questi dati?

Comprensibile il tentativo di tenere le votazioni lontane da occhi indiscreti, se non fosse per un solo dettaglio, che è un elefante nel salotto: il televoto sanremese era a pagamento e quindi di indiscutibile e oggettivo interesse pubblico. Ognuno di noi ha il diritto di sapere dove finiscano i propri soldi, soprattutto se al conteggio finale risultano voti non registrati, se sui social circolano migliaia di testimonianze di utenti che si sono visti scalare il credito telefonico, senza aver mai ricevuto feedback di pervenuta votazione. E ancora altri, raccontano di feedback di voto pervenuti via sms una settimana dopo la fine della kermesse. E ancora, la risposta Rai, punta il dito su una sorta di presunta invadenza della richiesta accesso dati del Codacons, nei confronti dell’attività dell’Agcom, deputata alla sorveglianza delle votazioni, che sarebbe stata svolta in modo corretto, a dire dell’azienda pubblica. «Merita ad ogni modo precisare che, sulla base delle previsioni della L. n. 249/97 e della Legge n. 481/95, sono stati regolamentati specifici compiti di controllo e vigilanza sul livello di trasparenza delle informazioni comunicate agli utenti nonché sull’efficacia del servizio di televoto direttamente in capo all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Pertanto, deve escludersi che la richiesta di accesso in parola sia giustificata da un reale interesse ponendosi, di contro, come sostitutiva e interferente rispetto ai compiti specifici di vigilanza assegnati all’Autorità preposta (che si rammenta, peraltro, aver presenziato alle attività correlate al televoto del Festival con un proprio rappresentante)».

In pratica, la presenza di un rappresentante Agcom in loco, durante l’ormai celebre finale sanremese, dovrebbe bastare a spettatori e utenti del servizio pubblico, a garanzia di un corretto svolgimento delle votazioni. E quindi farsi troppe domande (ma soprattutto, farle alla Rai) significherebbe compiere un oltraggio verso l’azienda stessa e l’Agcom, macchiarle di una stonata, secondo loro, presunzione di colpevolezza.

Nel frattempo il Codacons, noto per le sue battaglie in difesa dei consumatori, ha reagito con un comunicato: «Per la Rai, dunque, la spesa sostenuta dai telespettatori per televotare i cantanti in gara a Sanremo non è questione di pubblico interesse, e i dati sul televoto devono essere coperti da segreto” commenta il presidente Carlo Rienzi. “Una posizione francamente incomprensibile, che ci porta ora a presentare ricorso contro il rifiuto della rete presso la Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi della Presidenza del consiglio, affinché ordini all’azienda di garantire trasparenza agli utenti e mostrare i dati richiesti».



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