Economia

Tonfo delle Borse. Un’altra grana legata alla guerra in Ucraina

Stretta sul costo del denaro e rallentamento dell’economia fanno il resto

di Alessio Postiglione -


Giornata no per le borse. Le piazze europee hanno aperto in netto ribasso dopo l’ondata di vendite che ha travolto Wall Street ieri e ha contagiato l’Asia in nottata. A Francoforte l’indice Dax cede l’1,17% a 13.844,41 punti, a Parigi il Cac 40 perde l’1,08% a 6.284,30 punti. A Londra l’Ftse è in ribasso dello 0,66% a 7.388,89, mentre l’Fts Mib milanese è in calo dello 0,77%. Il ribasso ha fatto seguito al crollo di Wall Street, che ha subito la peggiore perdita dal giugno 2020 e cioè dai primi mesi della pandemia. La borsa americana è precipitata in fase “orso”, cioè ribassista, stallo che si determina quando un indice come l’S&P 500, il Dow Jones Industrial Average, o anche un singolo titolo, scendono del 20% o più da un recente massimo per un periodo di tempo prolungato. Quando Wall Street è in fase orso, gli investitori vendono in attesa del calo dei prezzi. Ma perché il tonfo delle borse?
Gli operatori temono che l’inflazione stia passando ai consumi e prevedono uno stop della crescita, dopo che varie aziende della grande distribuzione statunitense hanno avvertito una crescente pressione dei costi sui margini dato che i problemi nelle catene di approvvigionamento possono minare gli utili societari. Dunque uno stop legato al conflitto in Ucraina ma anche alla frenata della locomotiva cinese, che aggravano le prospettive di una stretta delle banche centrali sul costo del denaro, in chiave anti inflattiva.
Martedì scorso, d’altronde, il presidente della Fed Jerome Powell aveva dichiarato che la banca centrale avrebbe continuato ad aumentare i tassi fino ad un raffreddamento dell’economia, anche a costo di arrestare la crescita economica. Gli analisti scommettono su aumenti dei tassi da 50 punti base a giugno e luglio e prezzano la stretta a fine anno di almeno il 3%. La Fed ha, dunque, abbandonato la politica espansiva di sostegno ai mercati finanziari e all’economia con tassi ai minimi storici e si è concentrata sulla lotta all’inflazione. La banca centrale ha già alzato il suo tasso di interesse chiave a breve termine dal suo minimo storico vicino allo zero, il che aveva incoraggiato gli investitori a spostare i propri soldi in attività più rischiose come azioni o criptovalute per ottenere rendimenti migliori.
I prezzi al consumo sono al livello più alto degli ultimi quattro decenni e sono aumentati dell’8,3% ad aprile rispetto a un anno fa.
Queste scelte rallentano l’economia rendendo più costoso prendere denaro in prestito. Se i clienti pagano di più per prendere in prestito denaro, non possono acquistare così tante cose, quindi meno entrate fluiscono verso i profitti di un’azienda. Tassi più alti rendono anche gli investitori meno disposti a pagare prezzi elevati per le azioni, che sono più rischiose delle obbligazioni, dato che queste ultime stanno improvvisamente pagando interessi più alti grazie alla Fed. Così, le azioni vengono vendute. I consulenti suggeriscono, d’altronde, di puntare sulle azioni solo se non si ha necessità di rientrare in possesso delle cifre investite a stretto giro.
Per quanto riguarda l’euro, è in flessione sul filo di 1,05 dollari. A rafforzare il biglietto verde, che sale sullo yen ma scende sul franco svizzero, sono stati i toni da “falco” di Powell.


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