Ambiente

Tonnellate di mascherine usate si trasformano in energia

di Anna Maria Funari -


I ricercatori della National University of Science and Technology “MISIS” (NUST MISIS) del Pakistan, insieme ai colleghi degli Stati Uniti e del Messico, hanno sviluppato una nuova tecnologia per la produzione di batterie economiche dai rifiuti sanitari, in particolare le mascherine tanto utilizzate in questi anni di pandemia.

Secondo uno studio pubblicato sul Journal of Energy Storage, la tecnologia potrebbe trasformare rifiuti difficili da riciclare in materie prime.

I ricercatori affermano che durante la pandemia  sono state utilizzatepiù di 130 miliardi di mascherine protettive ogni mese, poi diventate centinaia di tonnellate di rifiuti polimerici. Rifiuti molto inquinanti, soprattutto se bruciati, a causa dell’emissione in atmosfera di gas tossici.

La nuova tecnologia può condurre alla produzione di batterie proprio dalle mascherine usate, ma anche dai blister dei farmaci, che vengono utilizzati come copertura esterna. L’unico componente che deve essere acquistato è il grafene.

Si arriva così a batterie sottili, flessibili, a basso costo che sono anche usa e getta, grazie al loro basso costo. Sono superiori, in molti casi, alle batterie convenzionali più pesanti e rivestite in metallo, che richiedono maggiori costi di produzione. E le nuove batterie – spiegano i ricercatori – possono essere utilizzate anche negli elettrodomestici, dagli orologi alle lampade, oltre che in auto elettriche e centrali solari.

il professor Anvar Zakhidov, direttore scientifico del progetto infrastrutturale del  NUST MISIS illustra il procedimento utilizzato per creare una batteria del tipo “a supercondensatori”: prima le mascherine vengono disinfettate con ultrasuoni, quindi immerse in ‘inchiostro’ di grafene, che satura i materiali. Quindi, il prodotto viene tenuto sotto pressione e riscaldato a 140 gradi Celsius. In proposito, va segnalato che  le batterie a supercondensatori convenzionali richiedono temperature molto elevate per la pirolisi-carbonatazione, fino a 1000–1300 gradi Celsius, mentre la nuova tecnologia riduce il consumo di energia a circa un decimo.

Tra i due elettrodi realizzati con il nuovo materiale viene quindi interposto un separatore, anch’esso prodotto dalle mascherine, con proprietà isolanti. Quando è saturo di un elettrolita speciale, gli viene creato un guscio protettivo dal materiale dei blister. Rispetto agli accumulatori tradizionali, le nuove batterie hanno un’elevata densità di energia immagazzinata e capacità elettrica. In precedenza, le batterie a pellet,create utilizzando una tecnologia simile, avevano una capacità di 10 wattora per 1 kg, ma gli scienziati di NUST MISIS e i loro colleghi stranieri sono riusciti a raggiungere 98 wattora/kg.

Quando i ricercatori hanno deciso di aggiungere nanoparticelle di perovskite inorganica di tipo ossido di CaCo agli elettrodi ottenuti dalle mascherine, la capacità energetica delle batterie è ulteriormente aumentata (208 wattora/kg). Hanno raggiunto un’elevata capacità elettrica di 1706 farad per grammo (questo è significativamente superiore rispetto alla capacità degli elettrodi meglio carbonizzati senza l’aggiunta di grafene (1000 farad per grammo).


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