Attualità

Tra Caligola e Nerone: cancellare la cultura e il futuro della civiltà occidentale

di Redazione -


*di Greg J. Simons

Quando marcisce la capacità intellettuale e la prospettiva etica nell’élite di un impero o di una civiltà, un collettivo che si presume cosciente, razionale e logico, il corpo inizia presto a deperire e alla fine muore. La storia è piena di questi avvertimenti, come ad esempio il declino e la caduta spesso citata dell’Impero romano. Anche attualmente, nella scena mondiale, registriamo un fenomeno simile che si manifesta con gli effetti sempre più dannosi e distruttivi del “wokeism”, il virus mentale di quel movimento che avviato con le migliori intenzioni di progresso finisce per produrre effetti negativi e oppressivi, con un annullamento della cultura e dei suoi valori fondanti. È il meccanismo scelto per una “Rivoluzione Culturale” occidentale dai visionari distopici del “Liberalismo” radicalizzato e ideologico che stanno giustamente suscitando molta attenzione e una diffusa preoccupazione. In pratica, centristi e moderati sono diventati i nuovi radicali in questo esercizio di eliminazione delle persone legate a una coscienza pubblica e orientate a svolgere un ruolo attivo e positivo nella società, dopo averle etichettate come un “nemico del popolo”. Questo esercizio di assassinio di idee e personaggi è spesso fatto in nome della tolleranza e della comprensione, in una svolta orwelliana davvero agghiacciante. Ma qual è lo scopo di questa attività e ideologia autodistruttiva, e perché adesso? Il processo in corso avviato e sostenuto dall’establishment politico liberale sta provocando un evidente declino della civiltà e della cultura occidentale a causa degli effetti distorsivi delle politiche distopiche e autodistruttive che tende ad imporre. Si tratta di politiche che manifestano un attacco a quegli elementi fondamentali che hanno creato e permesso l’affermarsi nel tempo della supremazia occidentale globale (politica, militare, economica, sociale); un attacco che colpisce in modo diretto, con i suoi processi di revisione, i beni immateriali fondamentali come la storia, i valori, le norme e le regole comportamentali di riferimento. Questo processo registra una accelerazione proprio nell’attuale fase di crisi della democrazia liberale e sta portando alla formazione di un ambiente di identità politica, sociale e culturale binaria sempre più radicalizzato ideologicamente. La lettura e l’interpretazione di questo processo segnato dall’annullamento della cultura mettono in evidenza che esso non è un segnale di rafforzamento della democrazia, ma piuttosto il contrario; è una indicazione di debolezza e disperazione dell’establishment politico liberale per la sua incapacità di imporre la sua visione distopica del mondo, la sua utopia negativa o pseudo utopia. Una riprova della gravità di questo processo viene dal grande uso di concetti e pratiche come l’“Ortodossia della conoscenza”, dalla diffusione di presunte “verità” e “realtà” che sono supportate dal dominio informativo e cognitivo. Ciò si legge nelle frasi e slogan usati attualmente per catturare l’immaginazione e le menti del pubblico, frasi come un “nuovo mondo coraggioso”, “nuova normalità”, “ricostruisci meglio” o “grande rilancio”. Sono tutti strumenti con cui si cerca di plasmare una visione totalitaria distopica, per i suoi effetti negativi, attraverso la formazione di un “cittadino” cognitivamente omogeneo che sia un oggetto piuttosto che un soggetto. Storicamente ciò è già successo, ad esempio, con il tentativo sovietico di creare l’Homo Sovieticus, il cittadino sovietico “perfetto”. Il comico britannico Rowan Atkinson ha paragonato la emarginazione delle persone ricche di una propria autonomia di giudizio e cultura ai linciaggi medievali. In realtà direi che è qualcosa anche peggiore. La folla dei linciaggi medievali era presa dalla foga del momento, guidata dalla superstizione, agiva su impulsi cognitivi in una mentalità da gregge. Mentre nella nostra epoca, coloro che guidano il movimento dell’annullamento delle diversità culturali e dei relativi valori sono guidati da piani freddi, calcolati e metodici, organizzati per provare ad imporre la loro utopia negativa sulla Terra. È un’ideologia cancerosa che dovrebbe essere contrastata, come provano a fare alcuni personaggi pubblici di rilievo anche sul piano etico: è il caso, ad esempio, dell’attore e sceneggiatore americano John Cleese che ha assunto delle aperte posizioni nella difesa dei diritti umani, rafforzamento della democrazia, lotta ai plutocrati (per inciso, è anche lo sceneggiatore del film Un pesce di nome Wanda). In sostanza: vi è una precisa somiglianza ideologica, teorica e pratica, tra l’attuale movimento di annullamento culturale e il bolscevismo. Siamo infatti di fronte a un’ideologia totalitaria che cerca di creare un ambiente umano non libero, nel quale non esiste una sfera privata per sviluppare i propri pensieri e le proprie idee liberi dai timori. Sempre più sta cadendo la separazione tra la sfera pubblica e quella privata degli individui, che contraddistingue le società più tolleranti e libere. Un “nemico del popolo” una volta dichiarato ed eliminato viene sistematicamente cancellato in tutti gli aspetti della sua vita. Nulla è esente dall’attenzione e dall’interferenza della polizia del pensiero, i cosiddetti “talebani intellettuali” che si occupano di creare una società puramente impura, controllata nei pensieri e nelle azioni. Per dare vita a questa visione di come la società “dovrebbe” essere organizzata, si punta a creare un pubblico di massa omogeneo, il cui pensiero è ideologicamente orientato, il consenso è progettato e il rispetto è imposto. È la contrapposizione a tutto ciò che è critico, libero e indipendente in una società realmente democratica, pluralista e tollerante. Il risveglio negativo (“wokeism”) orientato alla cultura dell’annullamento tratta le idee e pensieri non approvati dall’élite politica liberale tradizionale come un virus; qualcosa di pericoloso, sovversivo e contagioso che deve essere isolato e distrutto. Altrimenti, queste idee e pensieri potrebbero essere i semi che “corrompono” e ostacolano il progetto politico e sociale di omogeneizzazione degli orientamenti delle persone e la costruzione di una struttura sociale molto simile a quella descritta nel “1984” di Orwell. Il fatto è che questo progetto non è compatibile con l’essenza della civiltà occidentale, che rischia di appassire e, al limite, di scomparire. Ma tale eventualità non è percepibile dalle alte torri di avorio di spensierato privilegio nelle quali abita la classe liberali d’élite. Il titolo di questo articolo può sembrare provocatorio per alcuni, ma c’è una ragione valida per usare i concetti e le espressioni come “neo-bolscevismo” e “talebani intellettuali” quando si fa riferimento all’ideologia e alla pratica dell’annullamento della cultura; e la ragione è che questa orrenda distopia ideologica rischia di minare e dividere le comunità e le nazioni in cui ancora si crede nel valore della libertà e della tolleranza. A ciò va aggiunto che il processo di annullamento culturale si sta affermando in un momento di evidente declino della civiltà occidentale e a tale riguardo è opportuno ricordare questo fatto: la storia ci insegna ancora una volta che l’inizio della fine per imperi e civiltà tende ad avere origine dall’interno e non dall’esterno. Gli zelanti ideologi che guidano il processo di annullamento culturale sono isolati nelle loro realtà impervie delle “bolle filtro” (filter bubbles), al riparo dagli effetti tangibili e intangibili causati dalla loro azione. Forse il loro momento di successo arriverà soltanto con la caduta finale del sipario sulla civiltà occidentale.

*Esperto in studi di comunicazione strategica, Ricercatore Senior all’Università di Uppsala (Svezia). Membro Esperto della rete internazionale Eurispes EU-RU-CM

(fonte Eurispes)


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