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Tre anni per calunnia ad Amanda Knox: non andrà in carcere

di Giorgio Brescia -


Punto e a capo, una condanna uguale a quella cancellata otto mesi fa: la Corte d’assise d’appello di Firenze ha condannato Amanda Knox a tre anni di reclusione per calunnia nei confronti del suo ex datore di lavoro Patrick Lumumba, nell’ambito della vicenda giudiziaria per l’omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher, avvenuto a Perugia la sera del 1º novembre 2007. Una sentenza letta oggi dalla presidente del collegio giudicante, Anna Maria Sacco, alla presenza dell’imputata, giunta appositamente dagli Stati Uniti, con il marito Christopher Robinson, Era assente, invece, Lumumba, parte offesa nel processo.

Anche se il verdetto dovesse diventare definitivo, dopo un eventuale prossimo passaggio in Cassazione, la 36enne cittadina americana non andrebbe comunque in carcere avendo già scontato preventivamente quasi quattro anni prima di essere assolta in appello insieme a Raffaele Sollecito per il delitto Kercher. Per l’omicidio della studentessa inglese l’unico condannato a 16 anni in rito abbreviato è stato Rudy Guede.

I giudici fiorentini hanno stabilito che all’epoca Amanda rese colpevolmente Lumumba uno dei sospettati per l’assassinio di Meredith, ma per conoscere le motivazioni della sentenza bisognerà aspettare 90 giorni. La giovane donna chiamò in causa l’allora suo datore di lavoro più volte in un memoriale scritto il 6 novembre 2007. Lumumba rimase in carcere per 14 giorni e poi venne scagionato: non furono mai trovate sue tracce nella casa del delitto e la testimonianza di un professore svizzero confermò che la sera del crimine lui era a lavoro nel suo pub, dove Amanda faceva la cameriera. Knox fu così condannata dalla Corte d’assise d’appello di Perugia a 3 anni di reclusione per calunnia.

Il nuovo processo è stato celebrato a Firenze dopo che la Cassazione lo scorso 12 ottobre aveva accolto il ricorso presentato dalla difesa di Knox contro la condanna sulla base di una pronuncia della Corte europea per i diritti dell’uomo che ha ritenuto violato il suo diritto di difesa durante l’interrogatorio in questura nel corso del quale accusò del delitto Lumumba.

Per l’accusa, sostenuta dal procuratore generale Ettore Squillace Greco, il 6 novembre 2007 la 36enne avrebbe mentito volutamente scrivendo le accuse contro Lumumba nel memoriale per depistare le indagini. Gli avvocati Carlo Dalla Vedova e Luca Luparia Donati, difensori dell’imputata, hanno invece sostenuto che la giovane statunitense era stata messa sotto una forte pressione psicologica e avevano chiesto la sua assoluzione. Patrick Lumumba è stato difeso dall’avvocato Carlo Pacelli. “Il movente della calunnia sta nel fatto che Knox si sentiva pressata dagli investigatori e per sviare le indagini ricorre a un classico di queste situazioni: fa il nome di un falso colpevole, spende il nome di un innocente sapendolo innocente”, ha detto l’avvocato Pacelli.


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