Balla con me, balla balla!
Da Trump a Schlein, passando per De Michelis: quando il potere si muove, il messaggio arriva prima delle parole.
Donald Trump, fa politica anche quando sembra solo ballare.
C’è chi governa con decreti, chi con tweet, e poi c’è chi lo fa anche con il bacino. Donald Trump, per esempio, non resiste al richiamo della musica. Che sia in campagna elettorale o all’aeroporto di Kuala Lumpur, il presidente si lascia andare a movimenti ritmati, pugni al cielo e sorrisi da palcoscenico. Non è solo show: è messaggio. E il messaggio è chiaro — il potere oggi non cammina, sculetta.
Village People e potere pop
Trump ha preso Y.M.C.A. e l’ha trasformata nel suo inno personale. I suoi passi non vincerebbero “Ballando con le stelle”, ma sono perfetti per TikTok: semplici, ripetibili, contagiosi. Gli esperti lo chiamano “populismo visivo”: il leader che si mette in scena, rompe il protocollo e si fa icona.
E ora, con la nuova sala da ballo alla Casa Bianca — 8.300 metri quadri in stile Mar-a-Lago, ruspe comprese — il messaggio si fa mattone. Il potere non si esercita solo dietro una scrivania: si celebra, si mostra, si balla.
Certo, non tutti applaudono. C’è chi storce il naso, convinto che un leader debba mantenere compostezza, sobrietà, e possibilmente due piedi ben piantati a terra. Secondo questa scuola di pensiero, ballare in pubblico è come sbottonarsi la giacca in Parlamento: si rischia di perdere autorevolezza. Ma Trump, si sa, non è tipo da giacca abbottonata.
Gli italiani in pista
Anche da noi la politica ha avuto i suoi momenti danzanti. Gianni De Michelis, ministro socialista, era il re della pista: camicia sbottonata, passo sicuro, sorriso da sabato sera. Berlusconi amava il twist, Renzi ha flirtato con il valzer, Meloni ha concesso qualche mossa informale. E poi c’è Elly Schlein, che ha scelto il carro del Pride come palcoscenico: un ballo che è anche bandiera.
Tutti, in modo diverso, hanno usato il corpo per dire: “Sono qui, sono con voi.” Ma nessuno ha reso il ballo parte integrante della propria immagine pubblica come Trump. Lui non improvvisa: replica, amplifica, codifica. Ogni gesto è pensato per restare impresso. E possibilmente finire in loop su Instagram.
Chi danza comunica, chi resta fermo… osserva
Ballare in pubblico è un atto di coraggio. Chi lo fa dice: “Mi sento bene, mi espongo, mi connetto.” Chi resta immobile può sembrare più rigido, più controllato, meno coinvolto. In psicologia, il corpo che si muove è un corpo che parla. E nel marketing, il movimento è narrazione: il leader che balla diventa simbolo, marchio, racconto. In pratica, un logo vivente con le scarpe lucide.
Donald lo ha capito. Non si muove per caso, ma per effetto. Il suo ballo non è svago, è strategia.
In tempi di tensioni, crisi e algoritmi, vedere un presidente che balla è quasi liberatorio. È un gesto che sorprende, avvicina, fa sorridere. E che, sotto sotto, comunica molto più di quanto sembri. Perché oggi il potere non si limita a parlare: si mostra, si mette in gioco, si muove. E Trump, su questo palcoscenico, sa esattamente come farlo. Con ritmo, con stile, e con un pizzico di Village People.
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