Economia

Trump minaccia: “Dazi al 35% se l’Ue non investe 650 miliardi”

E prepara la stangata tariffaria sui farmaci: "Dazi fino al 250%"

di Giovanni Vasso -


Trump minaccia ancora. L’Unione europea rischia di uscire, davvero, con le ossa rotte dalla vicenda dazi. E non solo economicamente. A Bruxelles, dopo aver accettato l’accordo in Scozia, dopo aver revocato le contromisure da 93 miliardi (per sei mesi ma lo stop dovrà passare attraverso il voto a maggioranza semplice dei 27 Paesi membri), dopo aver sopportato il fatto che una dichiarazione congiunta, hanno dovuto ascoltare pure le nuove minacce pronunciate in un’intervista dal presidente americano Donald Trump.

I tedeschi filano a Washington

Ma ciò che fa più male, all’Ue, è il fatto che tutti stanno dissociandosi dall’accordo. A Ursula non è rimasto nessuno. Pure i tedeschi se la son filata e, ora, criticano apertamente l’intesa dopo averla sostenuta per mesi. Almeno questo ha raccontato il portavoce Olof Gill che s’è detto sorpreso dalle parole del ministro delle finanze tedesco, Lars Klingbeil che è volato a Washington per tentare di “ammorbidire la tensione” sui dazi. “Vorrei ricordare che gli Stati membri dell’Ue e le parti interessate del mondo degli affari hanno costantemente sottolineato che un conflitto commerciale con gli Stati Uniti non era una linea d’azione auspicabile”, ha ripetuto Gill. Costretto a snocciolare l’ormai solito mantra secondo cui l’attuale intesa “è ciò che i nostri Stati membri hanno chiesto e questo è ciò che abbiamo ottenuto”. Sarà, ma dopo la Francia pure la Germania ripudia l’intesa che, intanto, stenta a decollare. Saranno pure dettagli ma appaiono come scogli insormontabili.

Le speranze di Bruxelles, la minaccia di Trump

L’Europa si attende tante cose. Per esempio che le tariffe al 15% saranno rispettate, possibilmente estese a ogni campo dell’economia. Sarà difficile ottenerle per il vino, sarà impossibile per acciaio e metalli. Automotive e farmaceutica, a quanto dicono da Bruxelles, possono sperare. Ma la speranza è durata pochissimo, già perché quando sul Vecchio Continente declinava pallido il pomeriggio, Donald Trump ha sparato a zero sull’Ue. Promettendo di alzare i dazi fino al 35% se non arriveranno negli States gli investimenti promessi per un ammontare di 650 miliardi di euro. “Per questo ho ridotto i dazi dal 30 al 15 per cento”, e quindi rivela: “Un paio di Paesi ci hanno chiesto perché l’Ue paga dazi più bassi e io ho risposto che ci daranno 650 miliardi da investire in quello che vogliamo”. Finita qui? Macché. Un altro siluro, Trump, lo sgancia in scioltezza colpendo uno dei comparti chiave dell’export europeo e cioè la farmaceutica. Ha spiegato, ai microfoni della trasmissione Squawk Box alla Cnbc che in una prima fase le tariffe sui farmaci, di cui l’America ha bisogno così come ha necessità di non aumentarne ulteriormente i prezzi, saranno bassi. Poi, pian pianino, verranno aumentati, in due tappe: prima 150% e poi addirittura 250%. L’obiettivo di Trump è quello di far consumare agli americani farmaci prodotti negli Stati Uniti. E, con un regime di dazi a scalare, sta praticamente imponendo alle aziende di traslocare, armi e bagagli, nel territorio americano. Con il rischio, per l’Europa, di perdere produzione, stabilimenti e occupazione.

I dazi degli altri

Ciò che invece non preoccupa Bruxelles è l’annuncio delle tariffe sui chip e semiconduttori. Trump le minaccia, al più tardi, per la prossima settimana. Ma su questo punto, dal momento che l’Europa non è stata in grado di creare chissà che campioni continentali sul fronte dell’innovazione tecnologica, c’è meno da preoccuparsi. Cosa che invece dovrebbe iniziare a fare l’India. Almeno secondo Trump. Che ha imposto inizialmente dazi al 25% “perché noi facciamo molti affari con loro ma loro pochi con noi”. Tariffe che saliranno al 39% o che, comunque, subiranno un brusco rialzo a causa dell’acquisto di petrolio e materie prime energetiche dalla Russia. Il Cremlino s’è rizelato parecchio e ha dichiarato che attiene alla sovranità degli Stati scegliersi i propri partner commerciali. Modi, da parte sua, ha confermato che non ha la minima intenzione di rinunciare al gas russo che “accende”, grazie ai costi accessibili, la crescita economica e industriale del Paese. L’evoluzione nella vicenda dazi non ha esaltato le Borse. Milano ha chiuso in attivo dopo aver virato in negativo: +0,10%. Francoforte è salita dello 0,49%, poco mosse Londra (+0,19%), Madrid (+0,26%), Parigi appiattita: -0,02%.


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