Trump(olino): perché il processo per Capitol Hill aiuta The Donald
Trump(olino): perché il processo per Capitol Hill aiuta The Donald. L’ex presidente alla sbarra, ma l’America lo rivuole.
Altri guai e nuovo prevedibile balzo in avanti nei sondaggi. Se la “molla” della sindrome da assedio dovesse continuare a funzionare come ha fatto finora, Donald Trump è vicinissimo ad un altro exploit. La soglia del 54% di preferenze attribuitegli dal New York Times, con ben 37 punti di vantaggio rispetto allo sfidante interno Ron DeSantis, fermo ad un deludente 17%, sembra destinata ad essere superata nel giro di qualche ora. L’ex presidente degli Stati Uniti dovrà comparire oggi davanti al giudice distrettuale Moxila A. Upadhyaya per l’incriminazione formale. È la terza per il tycoon, che questa volta è stato “bastonato” da un gran giurì federale in relazione all’assalto al Congresso avvenuto il 6 gennaio 2021. Le due precedenti riguardano il caso legato alla vicenda Stormy Daniels e i documenti segreti portati via dalla Casa Bianca e nascosti a Mar-a-Lago.
Donald Trump a processo per Capitol Hill: i capi di imputazione
I capi di imputazione sono quattro: cospirazione per frodare gli Stati Uniti; associazione a delinquere per ostacolare un procedimento ufficiale; ostacolo e tentativo di ostacolare un procedimento ufficiale e cospirazione contro i diritti. Questa incriminazione “mostra al mondo la corruzione, lo scandalo e il degrado in cui sono precipitati gli Stati Uniti negli ultimi 3 anni”, ha scritto su Truth Social “The Donald”.
Nel post, il magnate ha rivendicato il rafforzamento del sostegno popolare a suo favore dopo ogni tentativo di “interferenza elettorale”. “Sto andando molto bene nei sondaggi”, ha detto ancora, affermando di essere convinto che “sconfiggerà” Sleepy Joe nel novembre del 2024. “Combatteremo e vinceremo”, ha concluso, definendo “ridicole” le accuse mosse contro di lui. “L’attacco a Capitol Hill del 6 gennaio 2021 è stato un assalto senza precedenti alla sede della democrazia americana, che è stato alimentato dalle bugie dell’imputato”, ha riferito il super procuratore Jack Smith ai giornalisti presentando l’atto di accusa. “L’imputato ha perso le elezioni presidenziali del 2020, ma nonostante la sconfitta era determinato a rimanere al potere – si legge nelle 45 pagine – così per oltre due mesi dopo l’election day, l’imputato ha diffuso bugie riguardo a frodi elettorali che avrebbero determinato il risultato e il fatto che sarebbe stato lui a vincere”. “Affermazioni che erano false, è scritto ancora, e lo stesso imputato sapeva che erano false”. Smith ha anticipato che intende chiedere “un procedimento veloce”.
Le carte e le tempistiche del processo
L’inizio del processo a New York è stato calendarizzato per il 25 marzo prossimo, proprio durante la fase più calda delle primarie, mentre l’avvio di quello in Florida, per la storia delle “carte segrete”, è per il momento fissato al 20 maggio. Scadenze elettorali e processuali si intrecciano senza soluzione di continuità. “È la prima volta che un presidente in carica attacca un avversario politico sulla base del Primo Emendamento, criminalizzando l’espressione della propria posizione e lo svolgimento dell’attività politica”, ha tuonato John Lauro, uno dei legali trumpiani, in un’intervista a Nbc. Nelle carte vengono indicati sei “cospiratori” che lo hanno “assistito nei suoi tentativi criminali di rovesciare i risultati legittimi delle presidenziali del 2020 e rimanere al potere”. Pur non essendo nominati esplicitamente, possono essere facilmente identificati dalle dettagliate descrizioni fatte dai procuratori. A cominciare da Rudy Giuliani, il “co-conspirator 1” descritto come un avvocato “disposto a diffondere volutamente falsità ed attuare strategie”. Il “Co-conspirator 2” è l’avvocato John Eastman, che “escogitò e tentò di realizzare una strategia per fare pressioni” sul vice presidente Mike Pence affinché ostacolasse la cerimonia di proclamazione della vittoria di Biden. Avvocato è anche Sidney Powell, descritta come “co-conspirator 3” che ha “pubblicamente amplificato” le accuse di Donald Trump, pur riconoscendo in privato che fossero senza fondamento. Il “Co-conspirator 4” è Jeffrey Clark, un funzionario di medio livello del dipartimento di Giustizia che lavorò con l’ex inquilino della Casa Bianca “per usare il dipartimento per avviare finte inchieste su presunti crimini elettorali”.
Di estrazione forense è anche il “co-conspirator 5”, identificato come Kenneth Chesebro che “ha aiutato a realizzare un piano per presentare gruppi di falsi elettori ed ostacolare il processo di certificazione dei risultati elettorali”. Al momento è incerta solo l’identità del “Co-conspirator 6”, “un consulente politico”. La notizia ha fatto rumore anche in Russia. “Prima, i candidati alla presidenza indesiderati negli Stati Uniti venivano semplicemente uccisi. Ora vengono avviati procedimenti penali contro di loro e vengono incriminati”, ha cinguettato il vice presidente del Consiglio nazionale di sicurezza russo Dmitry Medvedev. “Bene, i progressi sono evidenti.”, ha commentato sarcasticamente Medvedev, con un riferimento all’assassinio di John Kennedy.
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