Giorgia Meloni, premier incaricato, è la più atlantista di tutta la coalizione di centrodestra che si appresta a governare l’Italia. Tanto da aver lanciato un duro avvertimento dopo gli audio di Silvio Berlusconi sulle colpe dell’Ucraina nel conflitto con la Russia: “Chi non condivide Europa e Nato è fuori dal governo”, aveva tuonato. La leader di FdI è fortemente schierata con Ue, Nato e Usa nel sostegno all’Ucraina contro la Russia, favorevole all’invio di armi a Kiev e alle sanzioni contro Mosca. Per questa sua posizione di assoluta fede atlantista e filo-Usa è ben vista a livello internazionale.
Ma qualcosa negli Stati Uniti sta cambiando, tanto che non è affatto detto che la posizione pro Zelensky dell’amministrazione dem resterà tale, in tutto e per tutto, ancora per molto. Anche perché le elezioni di midterm dell’8 novembre potrebbero dare una chiara indicazione in questo senso. Ossia che l’America profonda non ne possa più di dover subire una crisi economica causata anche dalla guerra commerciale con la Russia. Così come potrebbe a maggior ragione non tollerare più che soldi dell’amministrazione Usa siano impiegati per aiutare gli ucraini. L’America che difende la democrazia e che combatte la tirannia stavolta potrebbe non convincere più di tanto gli americani, alle prese con problemi più prosaici ma urgenti, come il diesel che sta finendo. E se Zelensky teme una sconfitta del suo principale sostenitore e fornitore di armi, i Repubblicani scalpitano.
Sì, è vero che le mid term non si giocano sulla politica estera, ma stavolta i miliardi di dollari in armi e aiuti dirottati dal presidente Joe Biden verso Kiev potrebbero pesare eccome. Tanto che Kevin McCarthy, speaker della Camera in pectore in caso i Repubblicani dovessero strapparla ai Democratici, è ogg i tra i più pentiti dell’aiuto incondizionato all’Ucraina. Nel Gop, chi crede nell’“America first” dell’ex presidente Donald Trump si sta apertamente schierando contro l’invio di altri soldi ed armi a Kiev. “Non avrete assegni in bianco”, è il messaggio a Zelensky. Proprio l’ex presidente, a un recente rally in Arizona, ha chiesto “negoziati immediati… prima di precipitare in una terza guerra mondiale”. Nel passato Trump aveva più volte detto che, con lui alla Casa Bianca, “Putin non avrebbe mai invaso l’Ucraina”. Le cose potrebbero davvero cambiare nel caso i Repubblicani prevalessero alle midterm. A maggio 57 deputati del Gop hanno votato contro la legge di stanziamento da 40 miliardi di dollari in aiuti all’Ucraina. Contestando, per l’appunto, l’enormità della cifra e le ricadute sul bilancio Usa.
Anche perché prende sempre più piede la linea che Europa e Nato debbano aumentare spesa militare e rendersi diciamo autonome dagli Usa, in tal senso. Tornando alle midterm, se Biden dovesse perderle avrà ogni ragione per rivedere il sostegno a Zelensky. Non a caso, da tempo il New York Times e altre testate pubblicano rapporti dell’intelligence che conclamano un graduale disimpegno rispetto al conflitto russo-ucraino. Al contempo, gli States stanno lavorando ai negoziati per un cessate il fuoco.
Per tutti gli atlantisti filo-Usa di casa nostra il riposizionamento potrebbe risentire della politica estera di Washington, che a sua volta sta risentendo della politica estera di Mosca. “Da un mondo in cui gli Stati Uniti, in quanto egemone globale, hanno imposto il proprio ordine, a un nuovo mondo multipolare, che sarà guidato da Cina, Russia, Iran, Turchia e dai loro amici”, avverte il Jerusalem Post. Al di là delle iperboli, c’è un fondo di verità.