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Tutte le responsabilità di Conte, Speranza Fontana e quella perizia di Crisanti, il grande accusatore

di Rita Cavallaro -

ANDREA CRISANTI SENATORE


Andrea Crisanti sembra una figura mitologica. Una sorta di centauro, metà uomo e metà cavallo. Di Troia. Perché oggi l’integralista dei lockdown si trova a ricoprire il doppio ruolo di virostar dell’accusa e di senatore del Pd.

LA PERIZIA

 

È lui ad aver elaborato la maxi perizia di 90 pagine e oltre 10mila allegati che ha portato all’iscrizione dei suoi stessi compagni sul registro degli indagati della Procura di Bergamo, che ha chiuso il fascicolo per l’epidemia di Covid-19 nella Bergamasca. E che, tra i capi d’imputazione, riporta ampi stralci delle conclusioni del microbiologo, il primo, ed il solo, ad aver messo nero su bianco le presunte responsabilità dell’ex premier Giuseppe Conte e dell’allora ministro della Salute Roberto Speranza, in relazione alla mancata istituzione della zona rossa per contenere il contagio da coronavirus. Insomma Crisanti è il principale accusatore dei suoi compagni, ma all’epoca della super perizia non immaginava minimamente di finire tra i banchi dei deputati dem. E ha fatto il suo lavoro senza sconti, ricostruendo tutte le fasi della vicenda, dall’individuazione del paziente 1 alla tardiva istituzione della zona rossa nel territorio della Bergamasca, da dove il coronavirus si è diffuso rapidamente e senza alcun controllo. Tanto che il microbiologo ha sostenuto senza alcun dubbio che se fossero stati attivati tempestivamente i protocolli di contenimento si sarebbero potute evitare tra le 2mila e le 6mila vittime, seppur quando venne scoperto il paziente 1 nell’ospedale di Codogno, a quello di Alzano c’erano già un centinaio di contagiati. Quella perizia, depositata all’inizio dello scorso anno, è stata secretata, proprio perché conteneva i nomi di Conte e Speranza e nel caso di Bergamo è stato apposto addirittura il segreto di Stato sulla scelta di inviare 400 militari all’imbocco della Val Seriana, tra il 5 e l’8 marzo 2020, per poi ritirarli senza istituire la zona rossa.

 

LE ACCUSE

 

Migliaia di pagine che i pm di Bergamo, coordinati da procuratore capo Antonio Chiappani, hanno studiato per mesi, attendendo di chiudere l’inchiesta a urne già fredde, anche per evitare di essere tacciati della solita magistratura ad orologeria. Per poi sganciare la bomba politica con gli avvisi di garanzia non solo nei confronti di Conte e Speranza, ma pure del presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana, dell’ex assessore al Welfare lombardo Giulio Gallera, del presidente dell’Istituto superiore della Sanità Silvio Brusaferro, del presidente del Consiglio superiore della Sanità Franco Locatelli, dell’allora capo della Protezione Civile Angelo Borrelli e del coordinatore del Comitato tecnico scientifico nella prima fase dell’emergenza, Agostino Miozzo. Sono accusati a vario titolo di epidemia colposa aggravata, omicidio colposo plurimo e rifiuto di atti di ufficio. Crisanti si è affrettato a trincerarsi dietro la “verità”, quell’ideale che nemmeno i grandi filosofi sono mai riusciti a delineare, seguendo l’assunto più manifesto che non esiste mai una sola verità, tanto più che ancora neppure un processo è iniziato, se non quello sommario delle piazze. “La motivazione principale mia e della Procura è stata restituire agli italiani la verità su quelli che sono stati i processi decisionali che hanno portato a determinate scelte. Con la consulenza è stata fornita una mappa logica su quello che è successo”, ha detto il microbiologo, senza però ricordare che quella mappa logica è frutto esclusivamente della sua valutazione, in quanto la Procura, nonostante la delicatezza dell’inchiesta, si è rivolta soltanto a lui per la perizia, e non, come spesso accade in indagini complicate, a un collegio di consulenti tecnici. La Procura si è affidata e si è fidata in toto, visto che le conclusioni dei pm sono esattamente una copia di quelle della virostar di casa Pd.

I DATI

Nell’imputazione per epidemia colposa, di cui rispondono anche Conte e Fontana, i magistrati scrivono che gli indagati, con le loro decisioni, avrebbero causato “la diffusione dell’epidemia” in Val Seriana, con un “incremento stimato non inferiore al contagio di 4.148 persone, pari al numero di decessi in meno che si sarebbero verificati” se fosse stata “estesa la zona rossa a partire dal 27 febbraio 2020”. Conte, con i componenti del Cts, nelle riunioni del 29 febbraio e 1 marzo, si sarebbe “limitato a proporre misure meramente integrative, senza ancora una volta, prospettare di estendere la zona rossa ai comuni della Val Seriana, inclusi Alzano Lombardo e Nembro nonostante l’ulteriore incremento del contagio” in Lombardia e “l’accertamento delle condizioni che corrispondevano allo scenario più catastrofico”. Fontana, con due “distinte mail del 27-2-2020 e del 28-2-2020”, chiese a Conte “il sostanziale mantenimento delle misure di contenimento già vigenti in Regione Lombardia, non segnalando alcuna criticità relativa alla diffusione del contagio nei Comuni della Val Seriana”, non richiedendo dunque “ulteriori e più stringenti misure di contenimento”, nonostante “avesse piena consapevolezza della circostanza che l’indicatore R0 avesse raggiunto valore pari a 2, e che nelle zone ad alta incidenza del contagio gli ospedali erano già in grave difficoltà per il numero dei casi registrati e per il numero dei contagi tra il personale sanitario”. Le contestazioni contro Speranza e i membri del Cts riguardano specificatamente il mancato aggiornamento del piano pandemico e l’impedimento dell’adozione delle misure anti-Covid. Il procuratore Chiappani, infatti, ha spiegato che “il nostro problema è stato sì quello del mancato aggiornamento del piano, e questo riguarda un lato ministeriale, ma anche la mancata attuazione di quegli accorgimenti preventivi già previsti nel piano antinfluenzale comunque risalente al 2006. Se la zona rossa fosse stata estesa sin da subito si sarebbero evitate oltre 4mila morti”. I pm scrivono inoltre che il direttore dell’Iss Brusaferro, nonostante le raccomandazioni e gli alert lanciati dall’Oms a partire dal 5 gennaio 2020, avrebbe proposto di “non dare attuazione al piano pandemico, prospettando azioni alternative, così impedendo l’adozione tempestiva delle misure in esso previste”. Insomma, accuse pesantissime con le quali la Procura, con la chiusura dell’inchiesta, si appresta a chiedere il processo. Un processo politico che dovrebbe mettere sullo stesso piano la perizia “da senno del poi” del “modesto” Crisanti, che lui stesso definisce “unica al mondo”, e le dichiarazioni della prima fase pandemica, quando i virologi andavano in tv e brancolavano nel buio, perché nessuno sapeva come fare a contrastare un virus che ha messo in ginocchio il mondo.

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