Esteri

Twitter avrebbe ceduto al governo saudita i dati dei dissidenti

di Martina Melli -

The Twitter Inc. logo is displayed on the facade of the company's headquarters in San Francisco, California, U.S., on Thursday, Nov. 7, 2013. Twitter Inc. surged 85 percent in its trading debut, as investors paid a premium for its promises of fast growth. Photographer: David Paul Morris/Bloomberg via Getty Images


Twitter in tribunale: il social media avrebbe ceduto i dati di utenti dissidenti al governo saudita. Il social media è stato accusato – nell’ambito di una causa civile statunitense – di aver aiutato l’Arabia Saudita a commettere gravi violazioni dei diritti umani, divulgando dati riservati su richiesta delle autorità saudite.

La causa  – presentata lo scorso maggio da Areej al-Sadhan, sorella di un operatore umanitario saudita fatto sparire e poi condannato a 20 anni di carcere – si riferisce a fatti avvenuti tra il 2014 e il 2015, quando tre agenti sauditi si infiltrarono all’interno dell’azienda fingendosi dipendenti. L’indagine dei tre agenti portò all’arresto del fratello di al-Sadhan, Abdulrahman, e all’esposizione dell’identità di migliaia di utenti anonimi di Twitter, alcuni dei quali furono successivamente arrestati e torturati come parte della repressione del governo.

Gli avvocati di Al-Sadhan hanno aggiornato la loro richiesta la scorsa settimana per includere nuove accuse: Twitter, sotto la guida dell’allora amministratore delegato Jack Dorsey, non solo avrebbe volontariamente ignorato la campagna del governo saudita per scovare i dissidenti, ma avrebbe anche fornito assistenza al regno per mantenere stretti legami con il Paese arabo, tra i principali investitori nella società.

Il 28 settembre 2015, Twitter avrebbe ricevuto un reclamo da un utente saudita secondo cui il proprio account era stato compromesso. E, secondo l’ultima deposizione, la società non avrebbe agito per impedire a uno dei sauditi successivamente accusati – Ali Hamad Alzabarah – di avere accesso a quei dati riservati dell’utente. Inoltre, il 5 novembre 2015, pochi giorni prima che Twitter si confrontasse con l’FBI sulle sue preoccupazioni per un’infiltrazione saudita nella società, avrebbe promosso Alzabarah. Una volta messo al corrente delle preoccupazioni dell’FBI, il social avrebbe sì congedato Alzabarah e confiscato il suo laptop, ma non il suo telefono. L’uomo avrebbe così avuto modo di contattare i suoi riferimenti e di fuggire.

Twitter avrebbe poi avvisato gli utenti esposti senza fornire informazioni specifiche sull’entità dell’esposizione. Secondo la causa: “Non riuscendo a fornire queste informazioni cruciali, Twitter ha messo a rischio migliaia di utenti. Alcuni avrebbero potuto avere il tempo di fuggire dal regno se avessero compreso il rischio. Infine, anche nel momento in cui è stato messo al corrente della violazione, Twitter ha comunque continuato ad avere rapporti con l’Arabia Saudita quale uno dei suoi partner vitali nella regione”.

 


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