L'identità: Storie, volti e voci al femminile Poltrone Rosse



Cronaca

Uccisa sul balcone davanti ai vicini da Glovo, killer geloso

di Ivano Tolettini -


“È Glovo”. Pamela Genini, ventinove anni, mente al citofono. Sa che non è un fattorino, ma il suo assassino. Sa che Gianluca Soncin, cinquantadue anni, l’uomo che aveva lasciato da poche settimane, è tornato. Con un coltello. Con il doppione delle chiavi che aveva fatto di nascosto. E con una decisione già presa: ucciderla. Dall’altra parte del telefono, il suo ex, Francesco, sente tutto. Sta parlando con lei quando la voce di Pamela si spezza: “Ha fatto il doppione. È entrato. Chiama la polizia”. Poi, silenzio. Gli agenti della questura di Milano arrivano pochi minuti dopo, ma è già troppo tardi. Dal balcone del terzo piano, in via Iglesias 33, i vicini vedono la ragazza trascinata all’esterno, gridare “aiuto!”, mentre l’uomo la colpisce ancora e ancora. Decine di coltellate, una furia assassina. Quando la polizia sfonda la porta, lui continua a infierire sul corpo ormai inerme. Poi, si volta, e si colpisce due volte alla gola. Le sue ferite non sono mortali. Quelle di Pamela purtroppo sì. È un martedì sera di pioggia, periferia nord, quartiere Ponte Nuovo. L’appartamento di Pamela è nuovo, arredato con gusto, i muri chiari, le tende color sabbia. Ora c’è sangue ovunque: sul pavimento, sulle pareti, sul balcone dove i vicini, attoniti, assistono a un frammento d’inferno. Una donna del palazzo dirà agli investigatori: “Abbiamo sentito urla tremende, poi il rumore di una porta sbattuta, di vetri infranti. Ho visto la ragazza sul balcone che cercava di fuggire. Lui la teneva per un braccio”. Un altro condomino giura di aver sentito lei gridare “aiuto” almeno tre volte, prima che tutto si spegnesse. E’ il 50esimo femminicidio del 2025.

La trappola

Il killer è entrato con calma, usando il duplicato delle chiavi. Ha preparato tutto. Nella tasca del suo giubbotto, il coltello da caccia con cui l’ha colpita almeno 24 volte. Il colpo decisivo, quello alla gola. L’arma verrà trovata nel bagno, ancora intrisa di sangue. Pamela sapeva che sarebbe successo qualcosa. Lo aveva detto all’ex compagno, al telefono, nei giorni precedenti: “È ossessionato. Non mi lascia in pace. Ho paura”. Aveva pensato di tornare dai genitori a Strozza, nella Bergamasca. Non ne ha avuto il tempo. “Se mi lasci, ti ammazzo” le aveva ripetuto più volte. Aveva minacciato anche i suoi genitori. L’aveva controllata in tutto: gli amici, il lavoro, i soldi. Un controllo che, negli ultimi mesi, era diventato totale. Gianluca Soncin, ricoverato al Niguarda, piantonato, non ha mostrato emozioni. Alla pm Alessia Menegazzo che lo interroga risponde: “Non ricordo”. Poi il silenzio. Nessun segno di pentimento. Solo il gelo di chi sa di avere portato a termine un piano criminale. Folle. La Procura gli contesta omicidio volontario aggravato da premeditazione e stalking. Aveva preparato tutto: il coltello, le chiavi, la macchina parcheggiata sotto casa. È arrivato in via Iglesias con l’intenzione di uccidere. Alle 22.15 dell’altra sera le sirene della volante tagliano il silenzio del quartiere. I lampeggianti blu si riflettono sulle finestre dei palazzi. Dentro, le urla cessano. Gli agenti superano il portone condominiale, poi sfondano la porta dell’appartamento. In quel momento vedono Soncin chinato sul corpo della ragazza.

“L’ha ammazzata!”

“L’ha ammazzata” grida un vicino dal terrazzo di fronte. Lui non tenta di fuggire. Si ferisce due volte al collo, poi si siede sul pavimento, coperto di sangue, mentre i poliziotti lo immobilizzano. Imprenditore biellese, Soncin, già noto alla Guardia di Finanza, nel 2010 era stato arrestato insieme a un parente per una maxi frode fiscale sulle importazioni di auto di lusso dalla Germania: società “cartiere”, fatture false, sei milioni e mezzo di euro evasi. Aveva avuto altri guai giudiziari, ma era sempre riuscito a riemergere. Negli ultimi anni viveva tra la Riviera e Milano, con l’aria dell’uomo d’affari raffinato. Dietro, un carattere ossessivo e violento. I vicini di via Iglesias lo descrivono come “educato ma rigido”, un uomo che parlava poco e guardava troppo. “Li vedevo spesso insieme – racconta una donna – lei con un cagnolino piccolo, lui sempre serio. Mai avrei immaginato”. Pamela aveva un sorriso limpido e una carriera che cominciava a decollare. Modella, giovane imprenditrice, aveva fondato con un’amica la linea di costumi EP SheLux. Nei suoi profili social, foto di Montecarlo, Portofino, Venezia. A settembre, l’ultima apparizione pubblica: il red carpet del Festival del Cinema. L’abito color argento, la didascalia: “Red carpet mummy”. Per la procura di Milano, l’omicidio è stato pianificato. Premeditato. Soncin aveva deciso di uccidere Pamela perché non accettava la fine della relazione. Le aveva tolto la libertà, poi la vita. Gli inquirenti gli contestano anche lo stalking: mesi di messaggi, pedinamenti, minacce. Durante l’interrogatorio non ha pronunciato una sola parola di rimorso. Solo quella frase: “Non ricordo”. Quando il corpo di Pamela è stato portato via, dopo l’1, la strada era piena di silenzio. Solo il suono dei passi della scientifica e il piagnucolio di una cagnolina, chiusa in una stanza: Bianca, la compagna inseparabile di ogni foto, di ogni viaggio.


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