L'identità: Storie, volti e voci al femminile Poltrone Rosse



Cronaca

Uccisione Marco Veronese: il killer ha confessato

di Ivano Tolettini -


L’ombra che correva in via Sabotino, la notte del 23 ottobre, aveva un volto. Dietro quel cappuccio, quella sagoma che inseguiva e colpiva Marco Veronese davanti al bar Bermuda, c’era un insospettabile: Michele Nicastri (foto sopra), 49 anni, ingegnere informatico, benestante, incensurato. Ha confessato. “Sì, sono stato io”, ha detto ai carabinieri di Torino e al Pm che coordina l’inchiesta. Un delitto nato da un intreccio di sentimenti, rancori e paura di perdere il controllo di una vita ordinata. Dietro quelle coltellate, c’è la gelosia, ma anche una battaglia silenziosa per l’affidamento dei figli.

Chi è l’assassino di Marco Veronese

Nicastri era il nuovo compagno dell’ex moglie di Veronese, con la quale stava per iniziare una convivenza. Una storia che aveva increspato equilibri già fragili, con discussioni sul tempo da trascorrere con i bambini. Nulla, però, lasciava presagire un epilogo simile. Un professionista stimato, una carriera brillante nell’informatica, una vita senza ombre. Finché quella notte, la gelosia ha scavalcato la ragione. L’indagine ha seguito tracce di pazienza e rigore. Dalle telecamere della Borgata Paradiso ai fotogrammi del bar Bermuda, gli investigatori hanno messo insieme il mosaico. Poi i tabulati telefonici, le celle, le immagini catturate da videocamere condominiali: centinaia di ore di registrazioni per ricostruire la fuga del killer. Ogni tassello ha portato a lui. Quando i carabinieri lo hanno fermato, Nicastri non ha opposto resistenza. Ha parlato per ore. Il coltello, però, non è stato ancora trovato. Una donna, affacciata al balcone, aveva visto tutto. “Inseguiva Marco, lo ha raggiunto, poi l’ha colpito”, raccontò. La scena lacerante di un agguato nel cuore della notte, davanti alle luci spente di una via residenziale. Marco Veronese, 39 anni, imprenditore nel settore degli antifurti e della videosorveglianza, era un uomo gentile. “Un buono, impossibile che qualcuno lo volesse morto”, ha detto il tabaccaio del quartiere. Originario di Bra, viveva da tempo in corso Francia con i genitori. Quella sera non immaginava che qualcuno lo stesse aspettando, né che il rancore di un altro uomo avrebbe deciso il suo destino.

Le parole della famiglia

Al funerale, la voce di sua madre Giuliana ha squarciato il silenzio della chiesa. “Abbiamo fatto tutto con lui. Tornare da lavoro e trovarlo sotto casa era la nostra felicità. Ora non so come faremo”. E la compagna Anna, con un filo di voce: “Eri un esempio per i miei figli, che non erano tuoi ma hai amato come se lo fossero. Hai insegnato loro il rispetto, hai dato la certezza che esistono ancora uomini capaci di amare davvero”. Una comunità intera si stringe intorno a queste parole, cercando un senso che non c’è. Nicastri, l’uomo senza precedenti, l’ingegnere che costruiva sistemi di sicurezza, ha infranto ogni barriera di controllo: quella esterna e quella interiore. Ora gli inquirenti lavorano per chiarire i dettagli: il piano, la dinamica, la decisione improvvisa o maturata nel tempo. Ma la confessione chiude un cerchio di angoscia. Resta la domanda più difficile: come può un uomo senza storia di violenza trasformarsi in assassino per una contesa familiare? La notte in cui Michele ha perso la ragione e Marco ha perso la vita, Collegno ha perso la sua quiete. E anche la fiducia che il bene basti a difendersi dal male.


Torna alle notizie in home