Esteri

Ucraina, dietro il bla bla di Trump un grande stallo

Tra auspici, promesse, certezze e passi indietro, l'impasse del presidente Usa è evidente. Tutti gli stalli a stelle e strisce degli ultimi decenni

di Angelo Vitale -


“Speriamo di risolvere i conflitti in Ucraina e Gaza entro la fine dell’anno”: nell’intervista a FoxNews l’inviato speciale di Donald Trump, Steve Witkoff sposta definitivamente in avanti l’asticella temporale di accordi che Trump – in particolare per l’Ucraina – ogni volta ha fatto vedere come imminenti. Da Anchorage in Alaska al vertice alla Casa Bianca in cui ha tenuto impegnate per un intero giorno tutte le diplomazie del mondo.

Ucraina: ogni volta certezze e poi rinvii

Si ritorna a parlare di “un accordo di pace in Ucraina in fase di definizione”, si ritorna a commentare Witkoff che ha avuto un recente incontro di circa cinque ore con il presidente russo Vladimir Putin. Si ritorna ad ipotizzare un potenziale accordo che coinvolge territori contesi tra cui Crimea e le regioni di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson e a ribadire che Putin avrebbe espresso la richiesta di una “pace permanente” durante l’incontro.

Impasse che, a sentire Witkoff, sarà permanente, se non duratura per almeno altri quattro mesi. Soglia ove forse Trump, dopo aver altalenato tra tutte le sue più recenti posizioni, ne escogiterà forse una nuova trasferendo al 2026 il pallottoliere dei giorni sui quali trasferire auspici, certezze e ancora nuove ipotesi.

Lo stallo di Trump

Trump ha sicuramente bisogno di una ribalta internazionale per trascurare volutamente quella interna, ove i problemi non gli mancano: una manifattura che non si riprende nonostante la scarica di dazi inflitti ai Paesi stranieri, un rapporto deficit/Pil preoccupante, un elevato debito pubblico, rischi concreti di recessione con calo di investimenti e consumi a causa dell’incertezza politica.

Gli stalli Usa degli ultimi decenni

Non nuovi, comunque gli stalli Usa negli ultimi decenni. Per esempio, il ruolo degli Stati Uniti nella Guerra del Golfo agli inizi dei ’90, dove pur essendo leader di una coalizione multilaterale, l’impegno americano fu dominante e mirava a restaurare l’ordine piuttosto che risolvere alla radice le tensioni regionali. Le crisi irrisolte e le tensioni con l’Iraq proseguirono invece per anni.

Gli interventi Usa in conflitti civili come in Somalia, sempre negli anni ’90, dove l’intervento umanitario si trasformò in un coinvolgimento militare senza una chiara risoluzione a lungo termine, mostrando i limiti della politica estera americana basata su interventi parziali e multilaterali.


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