Il faccia a faccia a Budapest tra Donald Trump e Vladimir Putin non ha ancora una data. Il ritardo è dovuto alla necessità di “una preparazione attenta”, secondo il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov. “Nessuno vuole perdere tempo, né il presidente Trump né il presidente Putin”, ha assicurato il portavoce. Nel frattempo, la Russia continua a colpire duramente l’Ucraina. La notte scorsa 405 droni e 28 missili, 15 dei quali balistici, sono stati lanciati contro le regioni di Kiev, Dnipropetrovsk, Zaporizhzhia, Cherkasy, Chernihiv e Odessa.
Le truppe russe avanzano in Ucraina
La situazione sul campo di battaglia sembra essersi evoluta ulteriormente a favore dei russi. Le forze armate ucraine sono in evidente difficoltà nei pressi di Pokrovsk, nota anche come Krasnoarmeysk. Recenti rapporti indicano che la città, considerata fondamentale per l’intero sistema difensivo dell’esercito di Zelensky non solo nel Donbass, ma anche nella regione di Dnipropetrovsk, è sul punto di essere completamente circondata.
L’intero settimo Corpo d’Armata delle forze d’assalto aviotrasportate può essere intrappolato insieme ai rinforzi provenienti dai territori di Kharkiv, Sumy e Kherson. Si tratta di almeno cinque-sette brigate di fanteria motorizzata, meccanizzata e di altro tipo. Prevedibilmente, nei prossimi giorni o al massimo nel giro di qualche settimana, la linea di contatto nel Donbass assumerà una connotazione ancora più vantaggiosa per la Russia, che per motivi facilmente comprensibili non ha alcuna fretta di sedersi al tavolo delle trattative.
Il patto tra Kiev e Stoccolma
Il Premier svedese Ulf Kristersson ha firmato una lettera di intenti con l’Ucraina per lo sviluppo di capacità aeree che potranno portare l’alleato all’acquisto di 100 o 150 jet da combattimento Gripen E. L’accordo avrà la durata di 10-15 anni. “Oggi apriamo un nuovo capitolo interamente nuovo e pieno di significato nelle nostre relazioni bilaterali e in senso più ampio nelle relazioni della sicurezza complessiva in Europa”, ha dichiarato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky dopo la definizione dell’intesa avvenuta ieri a Linkoping.
La Francia e l’ossessione per la Russia
In Francia si continua ad agitare lo spettro della guerra. L’esercito francese deve essere “pronto tra tre-quattro anni a uno shock”, dato che la Russia “potrebbe essere tentata di continuare la guerra nel nostro continente”. Lo ha affermato il capo di stato maggiore dell’esercito francese, il generale Fabien Mandon, sottolineando per questo la necessità di compiere uno “sforzo di riarmo”. “Il primo obiettivo che ho dato alle forze armate è di essere pronte per uno scontro tra tre o quattro anni, che sarebbe una forma di test. Forse il test esiste già in forme ibride o forse è qualcosa di più violento”, ha detto Mandon ai deputati della commissione Difesa.
Gli asset russi
Le conclusioni del Consiglio Europeo di oggi sull’Ucraina sono a 26. Manca l’unanimità, perché l’Ungheria non ha dato via libera al testo, stando a quanto riferito da fonti diplomatiche a Bruxelles. Il primo ministro ungherese Viktor Orban non parteciperà alla discussione, che si terrà nella mattinata. Arriverà nel pomeriggio, perché impegnato in patria a commemorare la rivoluzione ungherese del 23 ottobre 1956.
Il progetto della Commissione di allestire un prestito all’Ucraina sulla base degli asset congelati alla Russia sta incontrando non poche difficoltà, prime tra tutte, oltre alla manifesta opposizione di Budapest, le obiezioni del Belgio, il Paese in cui ha sede Euroclear. Il governo belga teme di dover rispondere da solo alle legittime rimostranze della Russia. Nella bozza si chiede alla Commissione di “presentare il prima possibile, sulla base di una valutazione dei fabbisogni di finanziamento, proposte concrete che includano il possibile uso graduale dei saldi di cassa associati con i beni russi immobilizzati, in accordo con il diritto internazionale e il diritto Ue”.
Il presidente del Consiglio Europeo Antonio Costa starebbe provando ad ammorbidire Bart De Wever, il primo ministro belga, perché senza il suo via libera, il prestito non parte. Anche altri Stati hanno chiesto “chiarimenti” su vari aspetti della procedura, inclusa la Germania. L’impressione è che l’esecutivo Ue abbia sottovalutato i rischi dell’operazione sotto vari profili.