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Udine, parole pesanti e istituzioni sotto accusa

Il caso Di Lenardo scuote la città. Dopo la diretta di ieri sera su TV 12 la politica si divide e i cittadini si indignano.

di Redazione -


Udine è tornata al centro del dibattito politico regionale – e non solo – dopo le dichiarazioni esplosive del consigliere comunale di maggioranza Andrea Di Lenardo di AVS–Possibile. Ospite di una trasmissione televisiva, il consigliere si è lanciato in una lunga serie di affermazioni sui disordini avvenuti al termine della recente manifestazione pro-Palestina a Udine, affermazioni rese con tono assertivo ma prive, almeno per ora, di riscontri certi e verificabili. Il problema non è solo ciò che Di Lenardo ha detto, ma il modo in cui ha costruito un racconto pericoloso, che rischia di alimentare tensioni sociali, delegittimare le istituzioni e insinuare sospetti verso chi lavora per garantire la sicurezza pubblica.

Infiltrati neofascisti

Sin dalle prime battute, Di Lenardo ha cercato di scaricare ogni responsabilità dei disordini su presunte “forze esterne”, evocando la presenza di gruppi incappucciati e infiltrati estremisti, addirittura stranieri, arrivati – secondo lui – a Udine con l’obiettivo di provocare scontri. Ha parlato di neofascisti comparsi nel corteo come ombre, di manipolatori dell’ordine pubblico venuti da fuori regione per “inquinare” la protesta, senza però mai chiarire su quali fonti si basassero tali affermazioni. Anzi, il consigliere ha più volte invocato “informazioni riferite da terzi”, facendo continui richiami a racconti indiretti, voci e indiscrezioni non verificabili. Un metodo che può forse funzionare nelle piazze social, ma che pare piuttosto fuori luogo quando adottato da un rappresentante delle istituzioni.

Prepotenza delle forze dell’ordine

Il passaggio più grave, però, riguarda il racconto delle azioni delle forze dell’ordine. Di Lenardo ha accusato pubblicamente polizia e carabinieri di aver agito con violenza ingiustificata, parlando di “manganellate senza motivo” e di “lacrimogeni lanciati contro donne e bambini”. Non solo, ha anche sostenuto che “a Udine il Prefetto ha fatto utilizzare armi vietate a livello internazionale perché armi chimiche vietate, i lacrimogeni al CS”.Il rischio di una tale narrazione è evidente, gettare discredito sulle forze dell’ordine significa avvelenare il clima civico di Udine, spaccare la comunità e insinuare il sospetto che lo Stato agisca deliberatamente contro i cittadini che possono manifestare liberamente per una causa a cui credono.

Una Norimberga per Giorgia Meloni

Durante il dibattito televisivo, il consigliere di opposizione Stefano Salmè ha tentato di riportare il confronto sul terreno della responsabilità istituzionale, ricordando a Di Lenardo che affermazioni così gravi non possono essere lanciate in televisione come slogan militanti, soprattutto quando ledono l’onore di chi ogni giorno rischia la propria vita per garantire la sicurezza pubblica. La risposta di Di Lenardo è stata tanto aggressiva quanto rivelatrice. Non solo non ha ritrattato nulla, ma si è spinto oltre, evocando addirittura una “Norimberga per Giorgia Meloni” sostenendo di aver già “denunciato la Presidente del Consiglio per genocidio. Un linguaggio volutamente incendiario, che non arricchisce il dibattito politico ma lo distrugge, abbassandolo al livello della propaganda. Salmè a questo punto ha chiesto che il Sindaco De Toni prenda posizioni su queste accuse gravissime.

Fare chiarezza sugli incidenti con prove certe non con “mi hanno riferito”

Questo stile politico – fatto di accuse gridate, nemici immaginari e costante delegittimazione delle istituzioni – rappresenta un fatto grave. Il consigliere sembra ignorare il confine tra diritto di critica e irresponsabilità istituzionale. Nessuno nega la necessità di fare chiarezza sugli incidenti avvenuti a fine manifestazione, ma costruire un racconto complottista, insinuando colpe senza fornire prove, significa tradire il mandato ricevuto dagli elettori. Chi siede in consiglio comunale a Udine non dovrebbe limitarsi a cavalcare tensioni sociali, dovrebbe contribuire a stemperarle, cercando la verità con serietà, documentazione e rispetto.

Centinaia di messaggi dei cittadini contro Di Lenardo durante la diretta

Udine è una città che ha sempre creduto nel confronto civile. È legittimo discutere, dissentire, persino contestare, ma restando nel perimetro della responsabilità politica. Le parole di Andrea Di Lenardo, invece, appaiono costruite per alimentare conflitto e guadagnare visibilità. Non lo dice solo chi lo avversa politicamente, lo dicono i cittadini di Udine, che durante la diretta televisiva hanno inondato la redazione di TV 12 con centinaia di messaggi, quasi tutti critici verso il consigliere e le sue accuse giudicate deliranti, infondate e pericolose.

Messaggi che chiedono chiarezza, rispetto per le istituzioni e fine della propaganda urlata. Affermazioni così gravi meritano una risposta chiara, la politica di Udine non può diventare un’arena dove ogni estremismo è consentito e dove chi urla di più ha sempre ragione. La serietà democratica impone di chiedere prove, fatti, documenti. Lo chiedono i cittadini, lo pretende il buon senso. Fino a quel momento, tutto il resto è solo propaganda travestita da indignazione civile.


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