Politica

PRIMA PAGINA-Ue a trazione italiana. Ora è una possibilità

di Giuseppe Ariola -


Giorgia Meloni fa il pieno di seggi e, soprattutto, di voti. Il raffronto con gli altri leader candidati in Ue è semplicemente superfluo, tanto è impari e impietoso. Un dato su tutti, esulando dal fenomeno ‘Giorgia’: Elly Schlein, capolista nella circoscrizione Centro ha preso un numero di preferenze non troppo distante, sebbene superiore, a quelle ottenute da Ilaria Salis nel Nord Ovest. Collegi differenti, certo, ma anche ruoli e partiti diversi, con il Pd, di cui la Schlein è segretario, che ha conquistato un numero totale di suffragi pari a oltre tre volte e mezzo quello di Alleanza Verdi e Sinistra, dove è proprio il caso di dire che la Salis ha semplicemente trovato asilo politico.

Ancora più spietato è il confronto tra la premier italiana e gli altri leader dei principali paesi europei, se si pensa che il cancelliere tedesco Olaf Scholz è uscito a dir poco azzoppato da un esito elettorale che ha visto il suo partito, l’Spd, doppiato dall’alleanza dei conservatori di Cdu e Csu e, soprattutto, superato dall’ultradestra dell’Afd. La Francia una volta di Emmanuel Macron ha, invece, ceduto il passo a Rassemblement National, costringendo il presidente a sciogliere l’Assemblea Nazionale e a indire nuove elezioni dopo un voto che ha visto il suo partito, Renaissance, ottenere meno della metà dei voti di quello guidato da Marine Le Pen. Un vero e proprio terremoto con epicentro a Parigi, ma che si è avvertito fino a Bruxelles, contestualmente raggiunta anche dalle scosse provenienti da Berlino. Diversamente, con il 29% di Fratelli d’Italia, la presidente del Consiglio italiana, supera a pieni voti questo primo esame elettorale su scala nazionale dopo le politiche del 2022, puntella il governo ed è più forte di prima in Europa dove d’ora in poi potrà godere di un protagonismo non da poco. Al tavolo con gli altri primi ministri e capi di Stato, Giorgia Meloni farà senza dubbio – e giustamente – valere tutto il peso politico di questo risultato che la stampa internazionale le sta già riconoscendo. Non solo, perché benché il Ppe si sia confermato il partito con la pattuglia di Eurodeputati di gran lunga più nutrita e nonostante il Pse resti il secondo gruppo al Parlamento Europeo, un’alternativa a un’alleanza tra i due principali artefici e sostenitori della ‘maggioranza Ursula’ è oggi possibile.

Un’eventualità che fa a gola a tutti quanti, dentro e fuori dai nostri confini nazionali, guardavano già da tempo a questo appuntamento elettorale come alla possibilità di esportare l’esperienza italiana di un governo di centrodestra anche in seno alle istituzioni comunitarie, relegando sinistra e Verdi all’opposizione. Un esperimento sulla carta fattibile che, però, si scontra con l’asse di ferro Ppe-Pse e con il tentativo di Ursula von der Leyen di correre per un bis. Di certo, l’accresciuta influenza della premier italiana in Unione europea potrebbe risultare appetibile anche all’uscente presidente della Commissione Ue che potrebbe cercare una sponda per blindare la riconferma proprio in Giorgia Meloni. Ma gli scossoni che stanno attraversando l’intera Europa dopo il voto e l’avanzata dei partiti di destra potrebbe investire anche la von der Leyen, come già accaduto a Macron e come non è escluso succeda in Germania.

A mettere insieme tutti i tasselli di questo mosaico, si fa infatti strada anche quella che è più di una suggestione. Vista l’affermazione del primo partito della maggioranza che sostiene il governo italiano, considerato che tanto l’esecutivo, quanto Fratelli d’Italia, che l’intera coalizione di centrodestra sono guidati da Giorgia Meloni, il Ppe potrebbe chiedere l’aiuto della premier, nuova donna forte in Ue dove è anche leader dei Conservatori, per sostenere la corsa di un altro esponente dei popolari alla presidenza della Commissione. Un nome che alla luce dei nuovi equilibri in Ue potrebbe essere quello di un politico che annovera una lunghissima e consolidata esperienza nelle istituzioni europee come Antonio Tajani e che darebbe il giusto riconoscimento sia al mutato quadro politico nei vari stati membri che all’unico governo che ha tenuto in questo test elettorale.


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