Politica

PRIMA PAGINA – Ultima chiamata per l’Ue

di Giovanni Vasso -


Ultima chiamata, per l’industria. E per l’Europa. Anzi, per la Ue. A Bologna, all’assemblea di Confindustria, il presidente Emanuele Orsini mette sul tavolo le richieste degli imprenditori. Non lussi, ma strumenti capaci di garantire la sopravvivenza dell’industria al tempo della guerra: “L’Europa e l’Italia affrontano un rischio concreto di deindustrializzazione, aggravato dalla guerra dei dazi, ma alimentato da un pregiudizio anti-industriale. Per questo Confindustria propone un piano industriale straordinario per rilanciare l’economia europea e nazionale”. L’ultima chiamata, per l’industria. Che si impernia su un piano che sostenga la produttività. Servono, tuona il numero uno di viale dell’Astronomia, 24 miliardi in tre anni. Per cominciare: “In un momento complicato come questo abbiamo bisogno di convincere i nostri imprenditori ad investire: pensiamo ad un sostegno agli investimenti di 8 miliardi di euro l’anno per i prossimi 3 anni. Ancora meglio se avessimo un orizzonte temporale di 5 anni”, dice Orsini. Che invita il governo a usare ogni arma possibile: dai fondi Pnrr fino a quelli di Coesione. Non è assistenzialismo, dice dal palco di Bologna Orsini, “ma misure mirate a favorire aggregazioni, ristrutturazioni e rafforzamento del capitale aziendale”. I temi, sul tavolo, sono tanti e scottanti: i dazi, innanzitutto.
A questo proposito, nel tardo pomeriggio italiano, è arrivata da Donald Trump una dichiarazione entusiastica: “L’Ue ha chiamato per stabilire rapidamente le date degli incontri. Questo è un evento positivo e spero che finalmente, come avevo chiesto anche alla Cina, aprano le nazioni europee al commercio con gli Stati Uniti d’America. Entrambi saranno molto felici e avranno successo se lo faranno”. La strategia del bastone e della carota, evidentemente, ha funzionato. Poi c’è il tema dell’energia, coi suoi costi fuori mercato che manda a sbattere la competitività del sistema Italia. La burocrazia, non manca. E ancora, c’è il grande argomento delle normative green e della burocrazia Ue che fa del vecchio continente “un’Europa senza industria che non attira investimenti e che dipende dal resto del mondo”. Sul palco di Confindustria, dopo essersi concessa una visita ai caseifici del Parmigiano Reggiano, è apparsa la presidente del parlamento Roberta Metsola. Che ha provato a rassicurare la platea. Bruxelles ha capito gli errori e sta cercando di porre rimedio: “L’Europa deve essere presente per rendere le cose più facili, più agili. Dobbiamo essere noi ad abbattere le barriere, non ad alzarsi ostacoli. L’Europa deve offrire soluzioni, non diventare essa stessa parte del problema”. E ancora: “Troppo spesso la comunicazione europea è parsa moralista, invece di mostrare come i nostri valori possano tradursi in soluzioni concreti per rendere la vita delle persone migliore e più equa. Si è assistito a un aumento eccessivo della burocrazia, che ha minato la fiducia degli investitori e complicato il lavoro quotidiano. Abbiamo visto provvedimenti di grande effetto mediatico, ma di breve respiro, che hanno intaccato la nostra competitività”. Infine ha dichiarato che Strasburgo è da sempre al fianco dell’Italia. E vuole rimanerci. A quel punto, a prendere la parola, è stata la premier Giorgia Meloni. Che s’è concessa una battuta: “Tu, Roberta, sicuramente sei stata dalla nostra parte, il parlamento non so, dipende dalle maggioranze…”. La presidente, poi, ha riportato (quasi) per filo e per segno agli industriali (e a Bruxelles…) i rilievi già avanzati nei giorni scorsi da Mario Draghi. Prima la richiesta di rimuovere “i dazi” interni che “si è autoimposta”. Poi l’invito a dire basta alla “iperregolamentazione che ha soffocato il nostro sviluppo” perché “l’Ue come superstruttura burocratica minimizza e tradisce la patria del diritto romano, la civiltà che con il suo genio ha stupito il mondo”. Altro che “i quasi 400 chilometri lineari di gazzette ufficiali dell’Unione Europea o le norme assurde che ci dicono che un fagiolo non è un fagiolo europeo se ha un diametro inferiore a un centimetro”. Quindi la promessa di voler fare sul serio sui controlli per i prezzi dell’energia. Meloni riconosce le “anomalie” nel mercato energetico. E promette pugno duro, controlli e interventi. Ma “tamponare solo coi soldi pubblici” non è la strategia giusta, per il sollievo di Giorgetti. L’invito di Meloni alle imprese è quello di “pensare in grande” e possibilmente di “Make in Italy”, fare in Italia. Una mezza citazione di Trump. Con cui Bruxelles deve, per forza, dialogare: “L’Europa deve incarnare un cambio di postura per essere all’altezza delle sfide che stiamo attraversando, a partire ovviamente dal rapporto con gli Stati Uniti, che è fondamentale per mantenere la forza dell’Occidente I nostri destini sono interconnessi”. Ultima chiamata, per l’Ue.


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