Salute

Un cocktail di proteine e la pelle ringiovanisce di decenni

di Alberto Filippi -


Si possono cancellare i segni dell’invecchiamento? È possibile provare a riconquistare la forza di un tempo? La risposta arriva dalla ricerca biotech, con una sperimentazione portata avanti a partire da cellule della pelle umana in provetta, poi ringiovanite di 30 anni. Tutto questo, attraverso la riprogrammazione genetica parziale. Un metodo che non le fa tornare proprio “bambine”, ma permette di conservare la loro identità ripristinando anche la loro corretta funzionalità.
Una scoperta, che apre a guardare a nuovi orizzonti della medicina rigenerativa e della lotta contro l’invecchiamento, ora pubblicata sulla rivista eLife dai ricercatori del Babraham Institute in Gran Bretagna.
Cosa hanno fatto? I ricercatori si sono messi all’opera e per ringiovanire le cellule della pelle chiamate ‘fibroblasti’, hanno utilizzato la tecnica di riprogrammazione cellulare scoperta dal premio Nobel Shinya Yamanaka che la individuò per trasformare le cellule mature e differenziate in cellule staminali pluripotenti indotte.

Un metodo che, questa volta, è stato aggiornato con la tecnica del cocktail di proteine ringiovanenti (Oct4, Sox2, Klf4 e cMyc, meglio note come ‘fattori di Yamanaka’), poi somministrato alle cellule per soli 13 giorni, invece dei canonici 50.
In tal modo, le cellule parzialmente riprogrammate hanno perso tutti i segni dell’età e, solo temporaneamente, anche la loro identità. Successivamente, sono state coltivate in condizioni normali. E così hanno avuto modo di riacquistare la loro identità di cellule della pelle. Un effetto che oggi è ancora tutto da scoprire, perché sono tornate a produrre collagene proprio come le cellule più giovani.
Di seguito, i ricercatori le hanno messo alla prova simulando una ferita. E così hanno così scoperto che i fibroblasti ringiovaniti migrano verso il taglio più velocemente di quelli non trattati. Una circostanza, una scoperta che è un segnale assai promettente per la medicina rigenerativa, almeno per quanto riguarda la guarigione delle ferite.
Una scoperta che è un pezzo del futuro della dermatologia. “Pochi giorni fa esperimenti simili, ma condotti in vivo su topi, avevano dimostrato che questa tecnica di riprogrammazione parziale non produce instabilità genetica e tumori come accade invece con la riprogrammazione totale – spiega Giuseppe Novelli, genetista dell’Università di Roma Tor Vergata – ma gli orologi dell’invecchiamento sono rimasti bloccati per molti organi come fegato, reni, muscoli, milza e polmoni. La pelle, invece, ha avuto la migliore risposta al ringiovanimento. E’ stata infatti osservata una rafforzata capacità dei topi di guarire ferite cutanee senza lasciare cicatrici. I dati inglesi confermano questi risultati e certamente aprono una nuova strada almeno per la pelle. Rinfrescare le cellule negli esseri umani che invecchiano, invece, sarà molto più complicato, dati i pericoli di gravi effetti collaterali. Tuttavia – conclude l’esperto – in futuro potremmo pensare di sfruttare il ringiovanimento cellulare per sviluppare trattamenti nuovi con cui rallentare o far regredire malattie che compaiono con l’età, come l’osteoporosi, il diabete e la demenza”.


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