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Un colpo al cerchioe uno alla botte: l’Occidente e la grave crisi dell’ Iran

di Martina Melli -


Dell’impiccagione di Mohsen Shekari,il giovane manifestante arrestato per aver contrastato le forze di polizie in strada e aver colpito un agente in servizio, resta oggi lo sdegno internazionale e poco più.
Dall’inizio della protesta in Iran, scoppiata a metà settembre come risposta all’inspiegabile morte della poco più che ventenne Mahsa Amini, l’Occidente ha supportato la causa (a distanza) specialmente nella prima fase delle sommosse.
In moltissime, sui social network, nei giorni immediatamente successivi a quel 16 settembre, hanno espresso la loro solidarietà alle donne iraniane, condividendo messaggi accalorati e, nei casi più vistosi, recidendosi pubblicamente i capelli. Appelli su Instagram a parte, non sembra che questi quasi 3 mesi di rivolte abbiano ricevuto il giusto corrispettivo d’attenzione.
Ora che la situazione sfugge di mano, che c’è stata la prima pena di morte e ce ne saranno altre; che la repressione istituzionale si fa sempre più impietosa e crudele, il resto del mondo cosa pensa di fare?
A settembre, l’amministrazione Biden ha emesso una linea guida sanzionatoria per sostenere i manifestanti, esonerando le società tecnologiche che volevano fornire servizi agli iraniani, come l’accesso alle notizie e in generale al web.
Le organizzazioni internazionali, quelle non governative, in particolare quelle che si battono per i diritti umani, sono particolarmente attive. Ma gli organismi governativi di Europa e America, legittimati a indagare sul governo iraniano – come il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite – non sono andati oltre dichiarazioni di preoccupazione.
Gli Stati controllano queste organizzazioni e agiscono sempre secondo la propria agenda di politica estera. Gli attivisti affermano che i diritti umani non sono della massima importanza per molti Paesi, mentre l’economia o la sicurezza sono le priorità assolute quando si ha a che fare con una teocrazia mediorientale ricca di petrolio come l’Iran.
La Cina e la Russia – le uniche due grandi potenze non occidentali – hanno relazioni amichevoli con Teheran e, a loro volta, sono infastidite dalle critiche delle organizzazioni internazionali nei confronti dei propri diritti umani.
Inoltre, nei Paesi occidentali, altre questioni, in particolare il programma nucleare iraniano e il suo recente coinvolgimento nella guerra in Ucraina, sono una grande fonte di ansia.
Sebbene i negoziati con l’Iran per rilanciare l’accordo nucleare del 2015 si siano bloccati prima dell’attuale ondata di proteste, entrambe le parti insistono sul fatto che i colloqui non sono ancora falliti e che la finestra per una soluzione diplomatica è aperta.
Sostenere i manifestanti iraniani rischia di chiudere tale finestra. Nonostante ciò, la solida reazione pubblica a sostegno delle proteste iraniane nei Paesi dell’occidente, ha reso la questione particolarmente spinosa e scomoda per i governi.
Finora Stati Uniti, Regno Unito, UE e Canada hanno sanzionato funzionari e organizzazioni iraniane accusati di aver preso parte alla repressione. Tuttavia, tutte le misure sono state accuratamente calcolate per non inimicarsi Teheran e mantenere percorribile la strada diplomatica. Dunque, le possibilità che la richiesta dei manifestanti di tagliare i rapporti con il governo iraniano venga soddisfatta, appaiono piuttosto scarse.
Le Nazioni Unite vogliono l’Iran fuori dalla commissione sui diritti delle donne.
In un post su Twitter l’ambasciatrice Linda Thomas-Greenfield ha dichiarato: “Il governo iraniano non dovrebbe far parte del CSW (The Commission on the status of women), un organismo internazionale dedicato alla promozione dell’uguaglianza di genere e dell’emancipazione delle donne. Rimuovere l’Iran dalla Commissione sullo status delle donne è la cosa giusta da fare”.
Una bozza di risoluzione proposta dagli Stati Uniti, riguardante la rimozione dell’Iran dalla commissione, sarà votata alle Nazioni Unite la prossima settimana.
La bozza “rimuoverebbe con effetto immediato la Repubblica islamica dell’Iran dalla Commissione sullo status delle donne per il resto del suo mandato 2022-2026”.
Oltre alle esclusioni, arrivano le multe: in questi giorni Il Regno Unito sta sanzionando l’Iran per il trattamento dei detenuti nel carcere di Evin, e per la violazione dei diritti umani.
La mossa inglese è arrivata il giorno dopo che la Francia ha annunciato i piani per nuove sanzioni della Ue contro l’Iran, per violazioni dei diritti umani nella sua repressione della sicurezza sui disordini popolari in patria, e la sua fornitura di droni alla Russia prima dell’invasione dell’Ucraina da parte di Mosca.
Queste sanzioni, l’esclusione dalla commissione delle Nazioni Unite ecc, hanno tanto un sentore di paternalismo.
Ok, non è una situazione semplice o lineare, e forse per capire capire come muoversi per aiutare al meglio i manifestanti bisognerebbe fare dei pensieri appropriati, riflettere tenendo conto dei molteplici fattori in campo.
Ma una cosa è certa. Sarebbe il caso di includere l’Iran in sempre più Commissioni internazionali sullo stato delle donne al momento; invitarli a partecipare a tutti i panel, ai workshop e alle conferenze sulla tematica femminile e sulle problematiche di genere.


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