Attualità

“Un conflitto assurdo e crudele non si vince mai sulle macerie”

di Andrea Canali -

PAPA FRANCESCO


Si può ritenere importante il monito di Papa Francesco “non si riscostruisce dalle ceneri”, forse perché si è pronunciato, in tal senso, proprio nella circostanza predetta. La seguente affermazione dà il senso profondo di quanta preoccupazione possa dare il protrarsi della guerra, e le conseguenze della stessa. Infatti, durante l’udienza generale, tenutasi come di consueto nell’aula Nervi, Bergoglio ha proprio ricordato le vittime di questa atroce guerra – che sta logorando e distruggendo un paese intero, mietendo migliaia di vittime innocenti -. Infatti, esattamente il 24 febbraio prossimo venturo, sarà un anno dall’inizio della cosiddetta operazione speciale, avviata dai Russi in Ucraina. Il Santo Padre si è espresso così: «Dopodomani si compirà un anno dall’invasione dell’Ucraina. Un anno dall’inizio di questa guerra assurda e crudele. Un triste anniversario. Potrà il Signore perdonare tanti crimini e tanta violenza?». Quindi, il Sommo Pontefice, dopo essersi interrogato sul fatto se mai il Signore potrà mai perdonare tanta disumanità e crudeltà l’aspettativa, insieme a quella di migliaia di credenti e di fedeli che sperano nel cessate il fuoco, è vedere finalmente le parole del Papa ascoltate, in virtù del suo carisma e della sua immensa sapienza. Nello specifico, il suo nuovo appello si spera possa essere accolto, essendo rivolto direttamente ai potenti: “a quanti hanno autorità sulle nazioni perché si impegnino concretamente per la fine del conflitto, per raggiungere il cessate il fuoco e avviare i negoziati di pace”. Infatti, tale ragionamento viene completato ricordando che non potrà mai essere una vittoria vera quella che deriva dalle macerie e dalla distruzione. Non solo: recentemente, Papa Francesco, durante uno degli ultimi Angelus domenicali, aveva definito la guerra un pericolo per l’umanità, a tal proposito affermando: “Di fronte al pericolo di autodistruggersi, l’umanità comprenda che è giunto il momento di abolire la guerra, di cancellarla dalla storia dell’uomo prima che sia lei a cancellare l’uomo dalla storia”. Nei vari suoi appelli si può ricordare anche quello del suo quinto Angelus, dall’inizio dell’aggressione, dove definiva la natura di tutti i conflitti, che sono caratterizzati dalla «bestialità della guerra», come «atto barbaro e sacrilego». Definendo tale conflitto crudele e insensato, ed era passato solo un mese da allora, Sua Santità derubrica la guerra come una sconfitta per tutti noi. La posizione del Papa sul conflitto si è sviluppata, in questi mesi, su un doppio percorso. Quindi, da una parte, come è giusto che sia, si è pensato a mandare aiuti alla popolazione ucraina, la quale ha avuto il massimo sostegno dal punto di vista umanitario; contemporaneamente, dall’altra parte, si è cercato di mantenere aperta la possibilità del dialogo con il Vaticano, tramite l’illuminata diplomazia della Santa Sede, la quale manteneva i contatti sia direttamente con il Cremlino che con il mondo ortodosso. L’auspicio è quello di configurare, intorno alla figura ed alla persona del Santo Padre, un ruolo predominante nel processo di transizione verso la pace. Di contro, il ministro degli Esteri vaticano, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, durante una messa concelebrata nella basilica di Sant’Andrea della Valle, ha commentato lo stallo della diplomazia «alla luce delle notizie sempre più preoccupanti che arrivano dal fronte nella prospettiva degli scenari militari politici che si stanno continuamente tracciando», e degli sforzi diplomatici «che sembrano tutt’ora incapaci di rompere il circolo vizioso delle violenze». Ma, per tornare al pensiero di Papa Francesco: «la guerra non può essere qualcosa di inevitabile, non dobbiamo abituarci alla guerra. Dobbiamo invece convertire lo sdegno di oggi nell’impegno di domani, perché se da questa vicenda usciremo come prima, saremo in qualche modo tutti colpevoli». Per questo la guerra va «abolita» e «cancellata» dalla storia: «Prego ogni responsabile politico di riflettere su questo, di impegnarsi su questo e, guardando alla martoriata Ucraina, di capire come ogni giorno di guerra peggiora la situazione per tutti. Perciò rinnovo il mio appello: basta, ci si fermi, tacciano le armi, si tratti seriamente per la pace». La piazza è colma di fedeli, tra bandiere della pace e dell’Ucraina. Era vuota la sera del 27 marzo 2020 quando il Papa pregò da solo sul sagrato di San Pietro per la fine della pandemia: «Proprio due anni fa, da questa piazza, abbiamo elevato la supplica per la fine della pandemia. Oggi l’abbiamo fatto per la fine della guerra in Ucraina». Così Francesco conclude invitando a recitare l’Ave Maria: «Preghiamo ancora senza stancarci la Regina della pace, alla quale abbiamo consacrato umanità, in particolare la Russia e l’Ucraina, con una partecipazione grande e intensa per la quale ringrazio tutti voi. Preghiamo insieme». Con queste parole, il Santo Padre affida all’intercessione della vergine Maria, la speranza che possa illuminare le menti ed aprire i cuori dei protagonisti del conflitto, facendo superare loro qualsiasi velleità di bellicismo.

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