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Un dragone per nemico

di Adolfo Spezzaferro -


La Cina reagisce con durezza agli attacchi subiti durante il G7 e avverte che sta agli Stati Uniti fare la prima mossa per ripristinare il dialogo e abbassare la tensione. Il vertice di Hiroshima, come era ampiamente prevedibile, è stata l’occasione perfetta per l’Occidente per puntare il dito contro il Dragone, ritenuto responsabile di mettere a rischio la stabilità e la sicurezza nell’Indo-Pacifico. Tuttavia è vero il contrario, viste le alleanze militari dell’Occidente con i Paesi che circondano la Cina in quella regione. Come se non bastasse poi, anche il Giappone e il Regno Unito hanno attaccato frontalmente Pechino. Il risultato è che perseguire la via della pace (almeno nell’Indo-Pacifico) è una missione adesso più difficile per la Cina, impegnata a non raccogliere le provocazioni nell’area, a cominciare dalla questione di Taiwan.
È sotto gli occhi di tutti che una eventuale crisi nello Stretto, con gli Usa alleati militari di Taipei – che vuole l’indipendenza dalla Cina -, scatenerebbe con ogni probabilità il terzo conflitto mondiale. Ecco, Usa e Cina dunque hanno il compito di evitare questa escalation. A patto che anche Washington – è quanto fa presente Pechino – faccia la sua parte.
“Gli Stati Uniti dovrebbero immediatamente revocare le sanzioni e intraprendere azioni concrete per creare condizioni favorevoli al dialogo tra i due Paesi”. Lo ha detto forte e chiaro il portavoce del ministero degli Esteri cinese Mao Ning, commentando le dichiarazioni del presidente Usa Joe Biden al termine del vertice del G7. Interpellato dalla stampa sull’assenza di una linea diretta tra Usa e Cina, Biden aveva risposto: “È vero, dovremmo avere una linea diretta, alla conferenza di Bali era quello che avevamo deciso di fare, io e il presidente Xi. Poi c’è stato quello stupido pallone che trasportava due vagoni merci di equipaggiamento da spionaggio che ha sorvolato gli Stati Uniti. È stato abbattuto e tutto è cambiato in termini di dialogo. Credo che molto presto ci sarà un disgelo”.
A sconfessare le parole di Biden ci pensa il segretario di Stato Anthony Blinken: “Siamo profondamente impegnati nell’Indo-Pacifico, perché il futuro del nostro pianeta si sta scrivendo qui”. E lo ha detto durante la cerimonia di firma dell’accordo di cooperazione di difesa con la Papua Nuova Guinea a Port Moresby. Accordo che punta a rafforzare la presenza militare in chiave anti-cinese nella regione. Sulla falsa riga di alleanze militari con altri Paesi dell’Indo-Pacifico.

 

CRISI DIPLOMATICA CON IL GIAPPONE

Intanto il viceministro degli Esteri cinese Sun Widong ha convocato l’ambasciatore giapponese a Pechino, Hideo Tarumi, per protestare contro “il clamore in merito alle questioni riguardanti la Cina” in occasione del G7 di Hiroshima. Sun ha accusato il Giappone e gli altri Paesi del vertice di aver assunto “attività e dichiarazioni congiunte tese ad ingiuriare e attaccare la Cina, interferendo esplicitamente negli affari interni cinesi, violando i principi di base del diritto internazionale e lo spirito dei quattro documenti politici sottoscritti da Cina e Giappone”, ossia la Dichiarazione congiunta bilaterale del 1972. Il viceministro ha inoltre accusato Tokyo di aver intrapreso in seno al G7 iniziative “lesive della sovranità, della sicurezza e degli interessi di sviluppo della Cina”. Da qui l’avvertimento: “Il Giappone dovrebbe correggere la propria comprensione della Cina, abbracciare l’autonomia strategica e promuovere davvero lo sviluppo stabile delle relazioni bilaterali”. All’origine dello scontro diplomatico, il comunicato diffuso dai leader del G7 che definisce le vaste rivendicazioni territoriali della Cina nel Mar Cinese Meridionale “del tutto prive di basi giuridiche”, e condanna le “attività di militarizzazione” del Dragone nell’area.

L’AVVERTIMENTO AL REGNO UNITO

A ciò si aggiungono le gravi parole del primo ministro britannico Rishi Sunak, che ha detto che “la Cina pone la più grande sfida della nostra era per la sicurezza e la prosperità globale, sono sempre più autoritari a casa e assertivi all’estero”. Sunak ha anche affermato che “con il G7, stiamo prendendo misure per impedire alla Cina di usare la coercizione economica per interferire negli affari sovrani degli altri”. Parole quanto meno contraddittorie, visto che il Regno Unito, insieme a tutto l’Occidente è impegnato in sanzioni volute dagli Usa per colpire su scala globale i Paesi non allineati. Pechino dal canto suo ha ribadito di essere contro l’egemonia, l’unilateralismo e la diplomazia coercitiva (tipica, appunto, degli Usa). Insomma, Pechino intima Londra a “smettere di calunniare e diffamare” per “evitare ulteriori danni alle relazioni” bilaterali. La Cina è per la “pace nel mondo” e lo “sviluppo globale”, a “difesa dell’ordine internazionale”, conclude la nota.


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