Un nuovo patto Italia-Africa per lo sviluppo sostenibile
USAID U.S. Agency for International Development Following Training workers to install solar panels at health clinics in Rwanda provides clean energy, creates jobs, and improves health service delivery. Training workers to install solar panels at health clinics in Rwanda provides clean energy, creates jobs, and improves health service delivery. Credit: Walt Ratterman, Sunepi / USAID
Verde come i dollari – Un nuovo patto Italia-Africa per lo sviluppo sostenibile
Il 25 maggio si è celebrato l’Africa Day, una ricorrenza che commemora la nascita dell’Organizzazione dell’Unità Africana nel 1963, oggi Unione Africana. Ma più che un’occasione per guardare al passato, questa giornata rappresenta una finestra sul futuro, su una nuova visione di cooperazione tra l’Africa e l’Europa. In particolare, l’Italia è chiamata a costruire un rapporto rinnovato con il continente africano, fondato su sviluppo e sostenibilità. Negli ultimi decenni, l’Africa è stata troppo spesso vista come destinataria passiva di aiuti internazionali o come fonte di migrazione da contenere. Ma il continente africano è ben altro: è un laboratorio di innovazione sociale ed ecologica, una delle aree del mondo più giovani e dinamiche, e un attore chiave per affrontare le sfide globali, dal cambiamento climatico alla transizione energetica. Molti Paesi africani stanno già mostrando la via di uno sviluppo sostenibile, con politiche all’avanguardia che meritano attenzione e collaborazione. Il Marocco è tra i leader mondiali nell’energia solare, con il complesso solare di Ouarzazate, uno dei più grandi al mondo, che fornisce energia pulita a milioni di persone. Il Kenya produce oltre il 90% della sua elettricità da fonti rinnovabili, grazie a una combinazione di energia geotermica, eolica e solare. Il Sudafrica, pur essendo ancora fortemente dipendente dal carbone, ha avviato un ambizioso programma di transizione energetica, attirando molte aziende italiane. Il Rwanda ha bandito l’uso di sacchetti di plastica sin dal 2008, diventando un esempio globale di gestione dei rifiuti e politiche ambientali, ed ha introdotto una legge sulle aziende sostenibili, modellato sulla norma italiana delle società benefit. In Senegal, il programma “Great Green Wall” mira a fermare la desertificazione attraverso la riforestazione e l’agroecologia, con benefici per la sicurezza alimentare e l’occupazione rurale. In Etiopia, pratiche di agricoltura rigenerativa stanno migliorando la produttività e la resilienza delle comunità agricole. L’Italia deve assolutamente riconsiderare il proprio approccio. Al cosiddetto Piano Mattei vanno dati contenuti nuovi, perché le bozze circolate sembrano vedere l’Africa come un semplice fornitore di materie prime, invece che un vero e proprio partner per investimenti sostenibili, dalla manifattura verde all’agritech. Le università italiane possono rafforzare gli scambi accademici e la ricerca congiunta, come ci auguriamo che faccia il nuovo Tecnopolo Mediterraneo per lo Sviluppo Sostenibile, appena inaugurato a Taranto. Le istituzioni possono sostenere una cooperazione decentrata che coinvolga territori, città e comunità locali. L’Africa non è un problema da risolvere, ma una soluzione da valorizzare. Voltare le spalle a questo continente non significa ignorare le sfide che esso presenta, ma subirle. E l’Italia, con la sua storia, la sua cultura e le sue competenze, può essere un ponte tra Europa e Africa per costruire insieme un futuro più equo, verde e condiviso.
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