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Attualità

Un teatro in carcere, una speranza per i giovani di Nisida

Il via di una raccolta fondi con il ministro Nordio e il sottosegretario Ostellari

di Angelo Vitale -


Una speranza per i giovani di Nisida con il teatro in carcere. Stasera, alla presenza del ministro della Giustizia Carlo Nordio, del sottosegretario Andrea Ostellari, della vicepresidente della Luiss Guido Carli Paola Severino, l’istituto penale per i minorenni dell’isolotto ospiterà una serata dedicata alla raccolta di fondi per il recupero e la riapertura del teatro interno.

Un teatro per il carcere dell’isola

Un teatro nel carcere di Nisida dedicato a Eduardo De Filippo che negli anni ’80 contribuì a restaurarlo. Un video, introdotto dal capo del Dipartimento per la Giustizia minorile e di Comunità, Antonio Sangermano, ne illustrerà la storia, sulla scorta di materiali messi a disposizione dalla Rai.

Seguirà un estratto del film La salita di Massimiliano Gallo, recentemente presentato alla Mostra del cinema di Venezia, dedicato proprio all’istituto di Nisida e al suo teatro.

Eduardo per i giovani detenuti di Nisida

“Caro Eduardo, vi chiediamo di venire qui a inaugurare il piccolo teatro dell’istituto. Anche solo per mezz’ora. Vi aspettiamo con ansietà. I ragazzi del Filangieri”: Con queste parole i ragazzi dell’Ipm nel 1981 invitavano il neo senatore Eduardo De Filippo al battesimo del loro laboratorio teatrale.

Nella scia del film che ricorda l’impegno di Eduardo per i giovani napoletani reclusi, una iniziativa attuale per promuovere il futuro di detenuti minorenni.

I quali frequentemente rimangono nel fascio di attenzione dei media e dell’opinione pubblica solo il tempo necessario a conoscere i reati di cui sono accusati. O quello legato, più recentemente, ai casi di evasione dalle strutture in cui sono rinchiusi.

Spesso specchio simile, se non peggiore, delle condizioni di sovraffollamento o degrado in cui versano le carceri per i detenuti adulti.

I minori reclusi in Italia

Quest’anno i minorenni reclusi sono arrivati a circa 600 in tutta Italia, aumentati in tre anni dal 2022 del 54 per cento, per gli effetti del Decreto Caivano. Ce ne sono circa il triplo, soggetti a restrizioni di libertà, pure in strutture cosiddette alternative, come comunità ministeriali o private che li ospitano.

Per loro, l’immaginario collettivo ha coniato – dopo la fortunatissima serie tv Rai di successo arrivata alla sua quinta stagione che ha già generato il prossimo spin off Io sono Rosa Ricci – l’ottimistica espressione “Mare fuori”.

Del “dentro”, invece vuole continuare ad occuparsi l’odierna iniziativa lanciata a Napoli. Del “dentro” Eduardo De Filippo si era interessato fin da subito.

L’interpellanza di Eduardo

Nel 1981 fu nominato senatore a vita dal presidente della Repubblica Sandro Pertini. Il 31 dicembre di quell’anno, in occasione del messaggio di fine anno agli italiani il Capo dello Stato disse “Napoletani è a voi che mi rivolgo. Nessuno ha veramente compreso per quale ragione, io abbia nominato il vostro Eduardo De Filippo senatore a vita”.

“L’ho nominato non solo per i suoi meriti, grandissimi meriti di grandissimi artista – spiegò -, ma anche per rendere omaggio alla città di Napoli che si sente abbandonata e che in maniera emblematica rappresenta i mali del meridione che sono disoccupazione, mancanza di case e malavita”.

Eduardo conosceva bene i mali della città e i suoi bisogni. E ogni volta era partito sempre dai teatri. Notissimo a tutti, da molti equivocato, il suo “Fuitevenne”.

In realtà non un invito ad abbandonare la città – lo disse rivolto a giovani attori napoletani, invitandoli a cercare affermazione altrove per poi poter tornare nella propria città. Ma solo la sua irata reazione per il sostegno al rilancio del Teatro Mercadante che gli era mancato. Nel dopoguerra il drammaturgo aveva già acquistato il semidistrutto Teatro San Ferdinando di Napoli, investendovi tutti i suoi guadagni dell’epoca.

Il 23 marzo 1982 per perorare la causa dei ragazzi dell’istituto di rieducazione minorile Gaetano Filangieri di Napoli, Eduardo intervenne al Senato.

Chiedeva di poter consentire che i ragazzi animassero un villaggio, “su cui costruire abitazioni e botteghe”.

“Dove i giovani, già avviati a mestieri e all’artigianato antico – spiegò -, possano abitare e lavorare ognuno per conto proprio, assaggiando in tal modo il sapore del frutto sulla loro sacrosanta fatica”.

“Recuperando così – precisò – la speranza e la fiducia di una vita nuova che restituisca loro quella dignità cui hanno diritto e che giustamente reclamano”.


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