Politica

Una nuova legge elettorale, con o senza la riforma del Premierato

di Giuseppe Ariola -


Nonostante lo stallo che ormai da mesi immobilizza la riforma del premierato, il cantiere delle riforme istituzionali non è affatto chiuso. Al contrario, proprio nelle ultime settimane si è fatto largo un convincimento sempre più concreto tra le forze di maggioranza: anche qualora il premierato dovesse arenarsi, si metterà comunque mano alla legge elettorale. Anzi, a maggior ragione. E lo si farà presto. Non più come progetto accessorio, né come tema da rinviare al confronto post-referendario (sempre che un referendum sul premierato si tenga davvero), ma come necessità politica e istituzionale prioritaria. L’attuale sistema elettorale è considerato ormai da tutti un ibrido inefficace: una quota proporzionale preponderante e una parte maggioritaria che non garantisce governabilità, ma che anzi in alcuni casi ha prodotto una crescente frammentazione. Anche da settori dell’opposizione si ammette, sottovoce, che una riforma è necessaria. Ma a dettare il ritmo adesso è la maggioranza, che punta a una nuova legge capace di riflettere lo spirito del premierato, anche in assenza della sua formale approvazione. Secondo fonti parlamentari della maggioranza, l’intenzione è chiara: introdurre un meccanismo elettorale che premi la coalizione vincente e assicuri stabilità all’esecutivo. La bozza allo studio – e che potrebbe essere formalizzata già in autunno – non potendo prevedere l’elezione diretta del presidente del Consiglio, ambisce a inserire elementi premianti per la coalizione che ottiene la maggioranza relativa, con l’attribuzione di un premio di maggioranza in grado di fare la differenza in casa dello schieramento vincente. L’obiettivo è duplice: evitare ingovernabilità e costringere le forze politiche attualmente all’opposizione a giocare a carte scoperte già prima del voto. In questo senso, la legge elettorale diventerebbe un dispositivo istituzionale coerente con la logica del premierato, anche senza modificarne formalmente l’assetto costituzionale. Ma il vero nodo non è soltanto quello della prossima tornata elettorale. La questione che agita le segreterie dei partiti è anche quella legata al Colle. Il successore di Sergio Mattarella sarà eletto dalla prossima legislatura parlamentare. Ed è proprio in vista di quella scadenza che si sta giocando già da ora una partita a scacchi fondamentale. Il Capo dello Stato viene eletto con una maggioranza qualificata, e dunque ogni variazione degli equilibri parlamentari può determinare un esito radicalmente diverso. Il centrodestra è consapevole di non disporre, allo stato attuale, dei numeri necessari per eleggere da solo il Presidente della Repubblica. Ma una legge elettorale costruita su misura per consolidare la maggioranza – o per massimizzare l’effetto di coalizioni larghe e compatte – potrebbe cambiare i rapporti di forza e, con essi, influenzare la scelta del futuro inquilino del Quirinale. Non è un caso che proprio in questi giorni si siano intensificati i colloqui tra i vertici della maggioranza. Nel campo dell’opposizione, il tema divide. Il Partito Democratico, consapevole del rischio che una nuova legge elettorale venga cucita su misura della maggioranza, ha rilanciato la proposta di una legge interamente proporzionale, magari con soglie di sbarramento elevate per evitare la frammentazione. Ma l’asse con il Movimento 5 Stelle, che continua a preferire formule differenti, rende complicato costruire una proposta alternativa solida. Quel che è certo è che siamo dinanzi al preludio di una nuova stagione politica, quella che determinerà gli assetti istituzionali del Paese per il prossimo decennio. Premierato o meno.


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