Cronaca

Unabomber, 31 sospettati e un altro dna 18 anni dopo

di Ivano Tolettini -


Trentuno sospettati, il trentaduesimo è morto, e undici indagati. Diciotto anni dopo l’ultimo attentato, quello nel Veneziano a Porto Santa Margherita di Caorle il 6 maggio 2004, avvenuto sul litorale alla foce del Livenza quando due fidanzati trovarono una bottiglia e scoppiò loro in mano, ferendo gravemente l’infermiere Massimiliano Bozzo che l’aveva maneggiata, il caso di Unabomber torna di nuovo d’attualità. Come un fiume carsico, le indagini sul famoso “cold case”, i delitti irrisolti, periodicamente riemergono con il loro fardello di mistero e dolore, nella consapevolezza che a così tanti anni di distanza dare una risposta processuale ai tanti buchi neri del caso che è sempre stato un rompicapo investigativo, è difficile. Tanto che l’avvocato friulano Maurizio Paniz, che difende l’indagato più conosciuto, l’ingegnere pordenonese Elvo Zornitta di Azzano Decimo, appena appresa la notizia del nuovo Dna spiega ai cronisti: “Era già stato ripetutamente estratto un Dna di Unabomber, perciò francamente non so quale ulteriore approfondimento scientifico è stato fatto, quali nuovi accertamenti siano stati compiuti, resta da dire che sono sempre stato felicissimo di qualsiasi indagine, di qualsiasi approfondimento”, anche se il legale non si esime dal sollevare dubbi sulla conservazione dei reperti “perché in tutti questi anni le manipolazioni possono essere state molteplici e quindi non credo che sia stata garantita la conservazione”.
IL MILITARE
L’ultimo a finire sulla lista dei sospettati è un ex militare di carriera, il 62enne Luigi Pilloni residente nel Trevigiano, contro il quale nel 2022 era arrivata una lettera anonima ai carabinieri di Treviso in cui li si invitava a svolgere indagini su di lui perché “conosce gli esplosivi”. Pilloni, che si è detto stupito e incredulo per il coinvolgimento, non ha battuto ciglio e dopo essersi affidato all’avvocato Leopoldo Da Ros di Pordenone, si è tranquillamente sottoposto al prelievo del Dna perché è arciconcinto di non c’entrare nulla con questa drammatica vicenda. Da ricordare che gli attentati sono avvenuti sull’asse Pordenone-Portogruaro-Lignano in due momenti distini: una prima fase tra il 1994 e il 1996, la seconda tra il 2000 e il 2006. Tra l’altro Elvo Zornitta, l’ingegnere di cui si è parlato prima, è stato risarcito dallo Stato con 300 mila euro per il danno d’immagine patito a causa della lunghezza delle indagini in cui è stato sospettato di essere l’inafferrabile bombarolo e da cui è stato scagionato nel 2009 dopo cinque anni di graticola giudiziaria. Mentre l’unico ad essere condannato nel corso dell’inchiesta è stato il poliziotto Ezio Zernar della questura di Venezia, per avere manomesso come consulente dell’accusa un lamierino per far ricadere la colpa su Zornitta, utilizzando un paio di forbici che gli erano state sequestrate. Adesso l’inchiesta ha subito un rinnovato impulso con il coinvolgimento di Luigi Pilloni, anche se i più sono scettici su una soluzione positiva del cold case. Sia per il tempo trascorso, sia perché, come osserva l’avvocato Paniz, c’è stata una ripetuta manipolazione del reperti che rischia di inficiare qualsiasi accertamento, anche il più sofisticato, grazie alle tecniche moderne. Del resto, era stato lo stesso Zornitta, ancora diversi anni fa, a ipotizzare che dietro Unabomber si nascondesse l’abile e criminale mano di un militare provetto nell’utilizzo degli esplosivi. Più di recente sono stati gli esperti del Ris di Parma nell’analizzare le tracce biologiche rinvenute sui tanti reperti a individuare un altro profilo dei geni che compongono il Dna diverso da quello fin qui analizzato, ed ecco spiegata la nuova accelerazione con l’iscrizione sul registro degli indagati di 11 persone, tra cui appunto l’ex militare Pilloni, e l’estensione dei sospetti a 32 individui cui è stato prelevato il Dna. A volere che si scopra finalmente la verità c’è una delle vittime, Francesca Girardi, oggi 30enne, che a 9 anni vide Unabomber: “Aveva una camicia colorata”.


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