Una giornata da dimenticare, per Unicredit: non tanto, e non solo, per aver formalizzato – almeno pubblicamente – il passo indietro su Banco Bpm. Il guaio, vero, a piazza Gae Aulenti arriva dalla Germania. Dove la Bundesbank getta benzina sul fuoco dell’opposizione: “Le fusioni offrono opportunità – ha detto Michael Theurer, membro del Cda della banca centrale tedesca alla Suddeutsche Zeitung – ma comportano anche dei rischi, che aumentano nelle acquisizioni ostili”. Un messaggio chiarissimo: a Berlino non vogliono che Commerzbank finisca in mani italiane. Sbotta, Orcel. E non può fare altrimenti: “Esiste un fattore nuovo in Europa. L’intervento di placet dei governi sui sistemi bancari. Non è una problematica solo italiana. L’influenza degli Stati e dei governi sulle operazioni è diventata molto significativa”, ha detto l’ad Unicredit al consiglio nazionale della Fabi. Senza nascondere la sua delusione: “Noi abbiamo più titoli di Stato nel nostro portafoglio di qualunque altra banca italiana, inclusa Intesa Sanpaolo. E siamo più piccoli”. A proposito di Isp, Orcel che riferisce di come l’offerta per Banca Generali passerà solo in Cda e non all’assemblea, si nega al telefono di Carlo Messina: “Possiamo escludere che arriverà la telefonata”, ha detto replicando alle affermazioni del Ceo Isp che aveva ventilato l’idea, in caso di scalata Unicredit su Generali, di chiamare Orcel “e gli direi fermati”. La notizia di ieri, però, è naturalmente un’altra e non solo per Unicredit: “Per noi l’operazione su Banco Bpm è valida industrialmente, strategicamente, per il Paese però si scontra su delle visioni diverse che rendono l’operazione de facto non economica. Siamo andati al Tar ma il percorso non arriverà in tempo per darci certezza della chiusura dell’operazione. Quindi potrebbe decadere”.