Politica

Ursula si è persa il Ppe e ora Meloni può sognare

di Giovanni Vasso -


Le è rimasta solo Greta, ormai Ursulina rischia di rimanere al verde. Non passa in commissione Agricoltura, al parlamento europeo, il progetto di legge del Nature restoration Law, il regolamento che imporrebbe molti limiti alle attività agricole, imponendo tetti rigorosi all’uso dei pesticidi e alle infrastrutture umane, a tutela, secondo i relatori e i sostenitori, degli ecosistemi ambientali.

FINE DI UN’ERA?
Non è uno stop come tanti altri. No, per niente. Almeno per due ordini di motivi. Il primo: il regolamento bloccato è centrale nell’ambito del Green Deal. Il secondo: a “tradire” von der Leyen è stato il Ppe, che ha mandato in frantumi il carrozzone politico, il “tutti dentro” dal Pse fino ai Popolari, passando per Verdi, Liberali e altre sigle minori, altrimenti noto come maggioranza Ursula. Senza il sostegno della coalizione arlecchino che porta il suo nome, Von der Leyen è paralizzata. Politicamente e non solo.
Più che le tirate apocalittiche della solita Greta Thunberg, ha potuto la strategia dei Conservatori presieduti in Europa da Giorgia Meloni. Il voto in commissione è finito in parità perché sono stati proprio i popolari di Manfred Weber a sfilarsi. Del resto, il dettato del regolamento è tanto ambizioso quanto imponente. Punta, tra le altre cose, a liberare dall’agricoltura e dalla pesca “almeno il 20% dei territori e dei mari” entro il 2030 e alla “riparazione degli ecosistemi danneggiati” entro il 2050. A spese degli agricoltori, degli allevatori e del settore primario. I popolari, che già hanno appoggiato interventi molto discussi e tanto criticati dalla loro stessa base elettorale, dalla Casa Green fino al ban ai motori endotermici, questa volta hanno detto di no.

ORECCHIE DA MERCANTE
Una volta tanto, il Ppe è stato coerente, fino in fondo, con se stesso. È da mesi, infatti, che gli esponenti popolari criticano il disegno di legge che sogna di restituire alla natura ettari di terreno e miglia nautiche. E di farlo proprio mentre la guerra in Ucraina ha dimostrato, poco meno di un anno fa, come sia necessario, per l’Europa, garantirsi una sovranità alimentare che la svincoli dalle importazioni. Il 31 maggio scorso, lo stesso Weber aveva criticato, aspramente, il progetto: “La legge sul ripristino della natura nella sua forma attuale porterà a una minore produzione di cibo in Europa, spingendo i prezzi del cibo ancora più in alto, rischia di minare ancora di più la sicurezza alimentare in Africa e di bloccare i progetti infrastrutturali che sono cruciali per la nostra transizione climatica”. Pertanto aveva preannunciato la sua opposizione e quella del suo partito: “Questo è semplicemente inaccettabile per noi. Non possiamo continuare come se nulla fosse successo alla nostra economia dall’inizio della guerra e dall’eccessiva pressione che essa esercita sulle nostre comunità rurali e sui nostri agricoltori. Il Gruppo Ppe è favorevole alla protezione e al ripristino della natura, ma questo la legge semplicemente non è abbastanza buona”.

UN CENTRODESTRA A STRASBURGO
Ma la politica risponde alle stesse leggi della fisica. E, pertanto, a ogni azione corrisponde una reazione. Weber aveva avvisato la Commissione. Che ha preferito andare avanti, spedita, sulle sue posizioni. Costringendo il Ppe a votare contro, sfiduciando, nei fatti, l’esecutivo Ue e avviando, sostanzialmente, una nuova fase politica. Che porterà alla creazione, con ogni probabilità, di uno schieramento di centrodestra anche a Strasburgo. Che, però, vorrà arrivarci presentando alle urne, il prossimo anno, con un’alleanza che, se non è formale, almeno ci va vicino. Per i socialisti, in grave difficoltà di consenso in tanti Paesi Ue, dalla Francia fino alla Spagna di Pedro Sanchez e alla Germania di Olaf Scholz, sarebbe uno smacco. Che potrebbe porli fuori dalla Commissione. La polemica politica è servita. La campagna elettorale è iniziata. E tutti sono alla battaglia della vita. Il centro-destra per governare da solo, finalmente. I socialisti per ribadire la loro centralità nelle istituzioni, i liberali per confermarsi eterno ago della bilancia, i Verdi per continuare a sognare di potere, presto o tardi, scalzare la sinistra moderata dalla guida delle coalizioni progressiste in tutta Europa.

URSULA AL VERDE

Se le cose andassero così, Ursula von der Leyen e la sua Commissione, a cominciare da Frans Timmermans, grande sconfitto del voto in pareggio alla commissione Agricoltura, rischia di passare l’ultimo anno del suo mandato senza riuscire a toccare palla. E sarebbe un guaio. Per lei, s’intende. L’Ue, infatti, sta affrontando un momento delicatissimo. Tra crisi energetica, transizioni, guerre e nuovi scenari geopolitici e internazionali. E trovarsi in mezzo a Ucraina, Cina, Russia e Stati Uniti senza una solida fiducia in Parlamento, potrebbe ridimensionare, e di molto, la sua azione insieme alle sue ambizioni di continuare a guidare l’Ue.


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