Siamo vicini all’intesa sui dazi tra Usa e Ue, al 15%. È stato un lavoraccio, ma qualcuno, come si dice, dovrà pur farlo. Una cosa è certa: tutti se ne prenderanno i meriti. Ma attenzione: la partita non è chiusa finché non lo dice..Truth. Se, pubblicamente, Ursula von der Leyen dà dimostrazioni di forza e di visione addirittura “terzista” rispetto alle due grandi potenze egemoni, in realtà la presidente della Commissione sta facendo di tutto, ma proprio di tutto, pur di compiacere l’esosità di Donald Trump. L’Ue compra sempre più gas dall’America che, come ha riferito l’Iea nei giorni scorsi, è diventato il primo fornitore del Vecchio Continente, nonostante i prezzi esosi che mettono fuori mercato le produzioni industriali. Bruxelles, inoltre, ha avviato un piano di riarmo che, sebbene in parte, finirà per arricchire le grandi aziende americane della Difesa. Lui, per tutta risposta, è tornato a minacciare su Truth. Dice di essere pronto a imporre “dazi ancora più alti” ai Paesi che si ostineranno a non aprire i loro mercati alle aziende americane. E lo ha affermato mentre il suo Segretario Bessent e il commissario Ue Maros Sefcovic stanno trattando, ancora una volta, per un accordo che riporti la pace commerciale tra le due sponde dell’Atlantico. E, forse, un mezzo accordo l’hanno pure trovato se è vero quello che alcune fonti diplomatiche Ue hanno riferito ai media internazionali: sì, un’intesa c’è, si lavora all’ipotesi di dazi reciproci tra Usa e Ue del 15%.
Prima dell’Ue, l’intesa dazi col Giappone
Le stesse cifre, identiche, dell’intesa commerciale raggiunta tra America e Giappone. Tokyo ha accettato di aprire i suoi mercati alle imprese Usa e, in cambio, ha ottenuto uno “sconto” sui dazi: dal 25% son scesi al 15%. Oltre alle aperture sui mercati, il Giappone s’è pure impegnato a investire più di mezzo trilione di dollari nell’economia americana. Le Borse, quelle che contano, tra Nord America e Asia, hanno fatto finalmente festa. L’indice Nikkei, finalmente libero dalla cappa dell’incertezza, ha volato. Così come l’automotive. Un effetto distensivo tale che s’è avvertito persino in Europa, anche in Italia, dove i titoli Stellantis sono schizzati alle stelle, sfiorando rialzi a doppia cifra (+9,06%). Il messaggio dei mercati è chiarissimo: va bene ogni tipo di intesa, l’importante è tornare ad avere una qualche certezza a cui appoggiarsi. E vale, a maggior ragione, per l’auto.
Le spine di Ursula
Ursula von der Leyen era proprio in Giappone mentre tutto ciò accadeva e non ha potuto che congratularsi con lo zoppicante premier nipponico Shigeru Ishiba. Ma ha dovuto, l’Ue, mostrare anche un lato duro. E così, per bocca del solito portavoce Olof Gill, ha annunciato un piano severissimo di controdazi, in caso di “no deal”, da 93 miliardi di euro. Ritorsione pronta a entrare in vigore, se non ci sarà accordo, il 7 agosto prossimo. Una settimana dopo la scadenza del 1° agosto quando, senza intesa, entreranno in vigore i dazi al 30% imposti da Trump. Per far ancora più rumore e tentare di impaurire l’America, l’Ue ha accorpato le due liste distinte di sanzioni da 21 e 72 miliardi di euro. Poco meno di cento miliardi “pesano” di più. Ma, nel conto complessivo (e considerando che il Giappone ne ha dovuto scucire 550 sull’unghia…), non sono davvero granché. Il vero asso nella manica, il “bazooka”, sarebbe l’idea francese di fornire poteri speciali alla Commissione grazie ai quali escludere le aziende americane dalle gare Ue. Gli americani, con una firma, si ritroverebbero fuori da tutte le partite europee che contano. Ma l’Europa, anche su questo, è fortemente divisa, scettica e disunita.
I mercati e le indiscrezioni
Epperò la speranza, al solito, è l’ultima a morire. I mercati, in Europa, ci credono che alla fine della lunga baruffa Donald Trump e Ursula von der Leyen torneranno a stringersi la mano. Ammesso, e non concesso, che si incontreranno mai. A Milano, ieri, è stata una festa. Il Ftse Mib ha chiuso a +1,32%. Trascinato da Stellantis (+9,14%), dall’ottima prestazione di Iveco (+7,47% con le voci di cessione che proseguono) e la superba prestazione di Unicredit dopo la semestrale e, soprattutto, il disimpegno dall’Ops su Banco Bpm (+3,46%). Meglio di Piazza Affari, solo Parigi che ha chiuso a +1,47%. Bene pure Francoforte (+0,85%) mentre Londra guadagna poco meno di mezzo punto percentuale (+0,40%). E dal momento che i mercati la sanno sempre più lunga degli altri (anche se in questi mesi non sono mancate le cantonate), a Borse chiuse, è arrivata la notizia che tutti attendevano.
“Vicini all’intesa Ue-Usa”
Sì, come ha riferito il Financial Times e ribadito Reuters subito dopo: si lavora a un’intesa tariffaria tra Usa e Unione europea sulla base di dazi reciproci al 15%. Sarebbero, in pratica, dimezzati rispetto a quelli minacciati nella lettera inviata da Trump nelle scorse settimane. Ma, è chiaro, ci sono anche altre clausole, intese e accordi collaterali che saranno siglati tra le due sponde dell’Oceano Atlantico. E ciò non toglie il rischio di dazi su singoli settori, come già accaduto, per esempio, su acciaio, alluminio e metalli. Insomma, le voci si susseguono seguendo il più classico degli schemi ricorsivi dei negoziati di Trump. Bastone e carota. Minaccia, apertura. Con la speranza di un accordo che vada bene a tutti. Soprattutto all’America, nel caso del tycoon. Che ha già ottenuto tanto, dalla Vecchia Europa. E che sta spremendo, fino in fondo, il tubetto delle possibilità. Hai visto mai che se ne ricavi qualcos’altro?