Attualità

Va in scena il processo su piazza della Loggia: il Pd scatena le polemiche sulla parte civile

di Rita Cavallaro -


“La Presidenza del Consiglio non ha ricevuto nessun avviso riguardante la fissazione dell’udienza preliminare del processo a carico di Roberto Zorzi e Marco Toffaloni, imputati per la strage di piazza della Loggia Brescia. Per questo, l’Avvocatura dello Stato, su mandato della stessa Presidenza del Consiglio, chiederà al gup di Brescia la rimessione in termini ai fini della costituzione di parte civile, che seguirà non appena la rimessione sarà concessa”. È dovuto intervenire il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, per porre rimedio all’ennesimo polverone contro il governo, scoppiato stavolta all’apertura dell’udienza preliminare del processo a Roberto Zorzi, per il quale la Procura di Brescia ha chiesto il rinvio a giudizio per concorso nella strage che il 28 maggio del 1974 causò otto morti e oltre 100 feriti nel corso di una manifestazione antifascista a piazza della Loggia.
FRAMMENTI DI VERITÀ
Quarantanove anni dopo quel terribile attentato, l’accusa torna in aula con nuovi frammenti di verità attraverso i quali i pm bresciani cercheranno di fare luce sull’esplosione di quella bomba nascosta in un cestino di rifiuti, nell’indagine quater in cui sono coinvolti come possibili esecutori dell’atto terroristico i due neofascisti veronesi Marco Toffaloni, che si trova in Svizzera, e Roberto Zorzi, che ormai vive negli Stati Uniti. Zorzi è ritenuto l’esecutore materiale ed è accusato di concorso in strage con altri, tra cui Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, per “aver partecipato alle riunioni in cui l’attentato veniva ideato, manifestando la propria disponibilità all’esecuzione dell’attentato e comunque rafforzando il proposito dei correi”. Il ruolo di Toffaloni, invece, è di competenza del Tribunale dei Minori perché, all’epoca dei fatti, aveva 17 anni, tre in più del compagno con il quale ha condiviso la passione politica all’ombra del movimento eversivo fascista di Ordine Nuovo. Nel corso di questi quattro decenni, l’indagine su piazza della Loggia ha visto susseguirsi depistaggi e processi finiti in un nulla di fatto. Finora sono stati condannati per la strage alcuni esponenti ordinovisti: Maurizio Tramonte quale esecutore materiale insieme a Carlo Digilio, addetto agli esplosivi, e Marcello Soffiati, responsabile del trasporto dell’ordigno. Il mandante dell’attentato, per la giustizia italiana, è Carlo Maria Maggi. Tra gli imputati assolti da qualsiasi accusa c’è l’ex segretario dell’Msi e fondatore del Centro Studi Ordine Nuovo, Pino Rauti. Ora è partito il nuovo processo, che ieri ha preso il via con le eccezioni delle difese e le costituzioni delle parti civili. Ma quando per il governo Meloni non si è presentato nessuno, ecco che la sinistra ha riciclato il solito spauracchio del pericolo fascista, sottintendendo che l’esecutivo di destra ha volutamente disertato il dibattimento, visto che alla sbarra sono imputati due esponenti della galassia neofascista. Insinuazioni che fanno il paio con quelle sul naufragio di Cutro: naufraghi lasciati morire e terroristi neri da tenere a piede libero, sempre con lo stesso dolo.
LE INSINUAZIONI
A dare il là al concerto di “fiati” è stato il presidente dell’associazione familiari delle vittime della strage di Brescia, Manlio Milani, che ha chiesto chiarimenti a Palazzo Chigi. “Mi auguro che la Presidenza del Consiglio chiarisca cos’è successo”, ha detto, precisando di non sapere “cosa sia accaduto. Se non è stata avvertita l’Avvocatura dello Stato oppure se è stata avvertita e ha scelto di non esserci”. Apriti cielo. Immediata la reazione del Partito democratico, con una nota congiunta del deputato Gianni Girelli e del senatore Alfredo Bazoli, quest’ultimo figlio di una delle vittime della strage, Giulietta Banzi Bazoli. “Per la prima volta, all’avvio di uno dei tanti processi sulla strage di Piazza della Loggia, uno dei più gravi delitti contro la democrazia italiana, non era presente come parte civile la presidenza del Consiglio. Non sappiamo”, sottolineano, “se si tratti di una scelta deliberata o di una dimenticanza. In entrambi i casi, un episodio grave, sul quale chiediamo che il governo dica una parola chiara. Lo meritano il paese, la città di Brescia offesa dalla strage, i familiari delle vittime”. Alla dichiarazione di Bazoli e Girelli, che hanno annunciato un’interrogazione parlamentare sulla vicenda, ha fatto eco un post su Facebook, telegrafico ma pregno di significato, dell’ex deputato Pd Emanuele Fiano. “Che vergogna Palazzo Chigi, che vergogna”, ha scritto. “Palazzo Chigi non si costituisce parte civile nel processo sulla strage di Piazza della Loggia a Brescia. Non sappiamo se si tratta di una dimenticanza o di una scelta consapevole, ad ogni modo il governo deve fare chiarezza subito. Lo faccia per Brescia, per le famiglie delle vittime e per tutti i bresciani”, incalza Mariastella Gelmini, vicesegretario e portavoce di Azione. Per Luana Zanella, capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, “è un brutto segnale, incomprensibile. La verità sulle stragi è un interesse dello Stato, un dovere nei confronti delle vittime”, ha sottolineato, appellandosi “alla sensibilità del sottosegretario Mantovano affinché sia rivista questa scelta”.
LA NOTA
Un appello che il sensibile Mantovano ha recepito in toto, per scongiurare che la questione fascismo fosse un’altra zavorra lanciata dall’opposizione sulla schiena sempre dritta del governo. Che, in base alla nota di Mantovano, non ha mai scelto di non esserci. La mancata costituzione non è un atto deliberato. Certo non è fascismo, ma è il frutto dell’inconsapevolezza dell’inizio del processo, visto che nessuno ha avvisato l’esecutivo sulla data della prima udienza.


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