Politica

Veneto, rebus presidenza: “Lista Zaia” e ambizioni di FdI e centrodestra

di Ivano Tolettini -


La partita del Veneto, a due mesi dalle Regionali, è il banco di prova più delicato per il centrodestra italiano. Non è solo questione di numeri – pur pesanti – ma di equilibri politici, rapporti di forza, eredità amministrative e, soprattutto, di identità. Il governatore uscente Luca Zaia, forte di un consenso personale raramente eguagliato nella storia politica italiana, non potrà ricandidarsi per i limiti di mandato. Ma resterà, volente o nolente, il convitato di pietra di ogni discussione.

La sua Lista Zaia, creata come contenitore civico per attrarre voto trasversale, è il nodo attorno al quale si intrecciano calcoli e diffidenze. Matteo Salvini ha scandito il perimetro: il nome del candidato presidente e la collocazione della Lista Zaia saranno discussi in un tavolo di coalizione. Ma la Lega sa che quella lista è insieme un patrimonio e una mina. Patrimonio perché è capace di spostare consensi decisivi; mina perché la sua forza potrebbe erodere il peso del partito e, se mal gestita, alterare gli equilibri interni. Fratelli d’Italia, per bocca del coordinatore veneto Luca De Carlo, ha smesso di nascondersi: “In Veneto siamo più forti della Lega”. Parole che fotografano un dato reale nei sondaggi, ma che devono fare i conti con la memoria politica di una regione amministrata dal Carroccio da quattordici anni consecutivi.

Centrodestra in Veneto: i nomi di FdI

Due i nomi in campo per il partito di Giorgia Meloni: lo stesso De Carlo e il capogruppo in Senato Raffaele Speranzon, profili diversi ma entrambi spendibili sul piano della competizione elettorale. Per FdI, ottenere la candidatura sarebbe il coronamento di un ciclo di crescita nazionale e la consacrazione del radicamento nel Nord-Est. Ma significherebbe anche rompere un filo di continuità amministrativa che molti, nel tessuto economico e sociale veneto, considerano un valore in sé. La soluzione, dicono i veterani del centrodestra, dovrà essere un equilibrismo calibrato al millimetro.

Luca De Carlo: “FdI ha la classe dirigente per governare il Veneto”

Se il candidato sarà espressione di FdI, la Lega dovrà poter contare su un riconoscimento tangibile – e qui torna il tema della Lista Zaia. Tenerla dentro la coalizione come lista civica autonoma, magari con un accordo di spartizione dei collegi e delle posizioni di giunta, sarebbe una strada. Ma significherebbe convincere Zaia a spendersi in prima persona per un candidato non leghista: un’ipotesi che, a oggi, appare lontana. Al contrario, se il candidato sarà della Lega – ipotesi oggi minoritaria nei rapporti di forza ma non impossibile – FdI dovrebbe rinunciare a una rivendicazione che sente legittima. In cambio, avrebbe spazio di manovra su assessorati chiave e la regia di alcune politiche strategiche, dalla sanità all’innovazione.

Il precedente del 2010, quando Berlusconi scelse Zaia per il Veneto sottraendo la regione a Forza Italia per consegnarla alla Lega, è ancora vivo nella memoria dei protagonisti. Allora il Carroccio era in ascesa e il partito di Bossi incassò un mandato decennale.

Centrodestra in Veneto: lo scenario rovesciato

Oggi lo scenario si è rovesciato: Meloni guida il governo e FdI è primo partito nei sondaggi, mentre la Lega deve difendere il proprio fortino storico. Il rischio, per entrambi, è quello di trasformare il Veneto in un terreno di scontro fratricida che potrebbe aprire spazi a un centrosinistra oggi debole ma in attesa di capitalizzare eventuali rotture. Come se ne esce? La via d’uscita, ragionano fonti di coalizione, è un compromesso “a geometria variabile”: un candidato presidente di FdI che possa garantire continuità amministrativa, magari con un ticket forte di un vice leghista di peso, e la Lista Zaia blindata all’interno della coalizione con garanzie sulla sua identità civica. Una formula che richiederebbe una regia politica abile e una campagna elettorale non identitaria, ma centrata sui risultati e sulla proiezione internazionale del Veneto. È la sfida più complessa per il centrodestra da anni: bilanciare orgoglio e numeri, ambizioni e radici. E decidere se il Veneto sarà ancora il laboratorio di un’alleanza che sa parlarsi, o il primo campo di battaglia di una guerra intestina.


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