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Vertice Trump -Putin: e il “flop” annunciato dalla stampa militante?

Il vertice in Alaska tra i presidenti Usa/Russia doveva essere un disastro. E invece qualcosa si muove. Dove sono finite le Cassandre?

di Anna Tortora -


Ricordate il recente vertice di Anchorage in Alaska tra Donald Trump e Vladimir Putin? Prima dell’incontro, la stampa militante progressista era in fermento. “Vertice-flop”, “Trump in ginocchio davanti a Putin”, “figuraccia planetaria”: la narrazione era già pronta, condita da indignazione prefabbricata e giudizi trancianti.

E invece, a distanza di poche settimane, il quadro appare ben diverso. Il processo di pace che quel vertice ha avviato – timido, certo, ma concreto – ha cominciato a muovere i primi passi. Le Cassandre tacciono. E forse non sanno più che titolo inventarsi.

La voce fuori dal coro: Domenico Vecchioni

A offrire una lettura controcorrente, è stato Domenico Vecchioni, storico e già ambasciatore d’Italia, che ha scritto: «Dove sono le Cassandre del recente vertice in Alaska tra Trump e Putin? Ricordate? Sulla stampa conformista di sinistra si è parlato con insistenza e sicumera di un “vertice-flop”, di un fallimento planetario, di un Trump completamente soggiogato da Putin, ecc. Invece il meccanismo di pace innescato dal presidente americano comincia a dare qualche risultato concreto, nonostante la perdurante freddezza di alcuni leader europei, come il solito Macron, che non sopporta di non essere il protagonista di questa vicenda storica.

E ieri, a Washington, avrà avuto un versamento di bile spaventoso, quando Trump ha tessuto le lodi della Meloni alla presenza dei suoi colleghi europei. Ah, questa Meloni! Dunque il processo di pace sembra andare avanti e presto dovrebbe svolgersi l’atteso summit trilaterale (Trump–Putin–Zelensky), preludio ai veri e propri negoziati di pace. Usiamo naturalmente il condizionale, perché colpi di coda bellicisti sono sempre possibili. Una pace che verosimilmente si baserà su una formula che si poteva utilizzare già tre anni fa, evitando morti e distruzioni inutili: cessione di territori (impossibili da recuperare) in cambio di pace, sicurezza internazionalmente garantita per l’Ucraina e consistenti aiuti per la sua ricostruzione. Può non piacere, ma così è, se vi pare».

Una riflessione che ha demolito, con realismo e competenza, tanto le costruzioni ideologiche della stampa militante, quanto certe pose social pseudo-analitiche.

I geopolitologi da tastiera

Già, perché accanto alle voci professionali, non sono mancati i sedicenti “esperti” improvvisati. Commentatori da social che, tra un thread e un meme, si sono sentiti eredi di Kissinger.
Peccato che, sotto la patina della parolaccia strategica (“multipolarismo”, “ordine globale”, “cessate il fuoco”), non ci fosse altro che vanità e ignoranza. Ripetevano slogan e convinzioni preconfezionate, spesso opposte tra loro, pur di dare l’impressione di dire qualcosa. E oggi, a vertice concluso e scenari in evoluzione, restano lì, smarriti e senza copione.

La realtà si prende la rivincita

Ora si parla apertamente di un summit trilaterale tra Trump, Putin e Zelensky. Un incontro che potrebbe davvero aprire la strada ai negoziati di pace. Certo, il condizionale è d’obbligo, e i colpi di coda bellicisti non si possono escludere. Ma lo scenario è cambiato. E non grazie agli editoriali indignati, né alle dirette social di chi giocava a fare il diplomatico. Il tempo, ancora una volta, è galantuomo.


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