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Viaggio fra le logge della Sicilia segreta che proteggeva il capo

di Maurizio Zoppi -

ALFONSO TUMBARELLO, IL MEDICO DI MATTEO MESSINA DENARO


Mafia, politica e massoneria: è il trinomio che, in nome del potere, ha segnato la storia in noir del nostro Paese. Sin dalla sua fondazione, la Repubblica italiana è stata attraversata da un turbinio di misteri, complotti, stragi e deviazioni. Sono trascorsi più di settat’anni nel segno della strategia della tensione e il filo non è mai stato reciso. Lungo questa complessa trama di compromissioni, sotterfugi e misfatti, s’è creato un velo sottile, ma resistente, che sembra ancora nutrirsi oggi dell’ampio legame tra crimine organizzato, mondo esoterico, apparato istituzionale e mondo degli affari. Come un grumo di potere assoluto capace di solidificarsi giorno dopo giorno e di superare indenne le stagioni della politica, anche cambiando pelle. La cattura dI Matteo Messina Denaro ha portato alla ribalta “l’antico compasso” che ha segnato numerose vicende nel territorio trapanese. Le dichiarazioni degli attori protagonisti, di coloro che hanno dato la caccia per anni all’ultimo capo dei capi in Sicilia, ha un filo conduttore. Ossia che la massoneria ha protetto la latitanza del boss. Lapidarie le parole dell’ex magistrato Teresa Principato che per anni ha seguito le impronte del criminale più ricercato di Italia. L’inquirente ha parlato di una grossa rete di carattere massonico che lo proteggeva. Insomma, attorno alla primula rossa di cosa nostra si sarebbe concentrato uno staff di colletti bianchi e grigi in grado di concorrere ai massimi livelli, proteggendolo per trent’anni. Nel frattempo, a seguito dell’arresto di Messina Denaro, gli inquirenti vanno avanti con le loro indagini e come una cartina tornasole, la massoneria compare sempre. Veste il grembiulino bianco, Alfonso Tumbarello, il medico massone, molto noto nella provincia di trapani, indagato per aver firmato ricette e cure proprio al superlatitante. È massone anche il dottor Quintino Paola. Sembrerebbe che tra le cose trovate nel portafogli di Giovanni Luppino, l’autista di Messina Denaro ad oggi agli arresti, c’è anche il numero di cellulare del dottor Paola; l’ex maestro venerabile della loggia Ferrer di Castelvetrano.

 

Massoni a Trapani

 

Il 25 maggio scorso l’ex presidente della commissione Antimafia nazionale, Nicola Morra ha tenuto a Trapani delle audizioni in Prefettura. Oltre a personaggi istituzionali, la delegazione romana ha ascoltato i vertici della massoneria locale. Proprio in quel frangente la procura di Trapani ha aperto un fascicolo di indagine. Il fatto? Mentre erano in corso le audizioni dei rappresentanti delle logge massoniche, il senatore Morra uscendo dall’aula per recarsi nel vicino salone, ha trovato due persone, appartenenti anche loro alla massoneria, e rimaste assieme ad altri fuori dalla stanza in cui si tenevano le audizioni, di fatto appoggiate proprio alla porta. Uno dei due, il medico Salvatore Monteleone, gran maestro della loggia Ferrer di Castelvetrano, è stato visto dal presidente Morra tenere sul palmo della mano uno smartphone con lo schermo illuminato. Il sospetto del presidente della commissione antimafia, rappresentato in una denuncia presentata immediatamente agli agenti della Digos, è quello che Monteleone stesse cercando di registrare l’audizione in corso. Ciò che al momento si diceva, secondo Morra poteva essere sentito da chi stava appena dietro la porta. Porta che, come ha raccontato anche ai cronisti, avrebbe aperto con difficoltà come se venisse opposta resistenza. Monteleone alla Digos ha escluso che stesse usando il cellulare per registrare. Si è giustificando dicendo che stava compilando una ricetta e si è reso disponibile a consegnare agli agenti il telefonino. Secondo quanto emerso, Monteleone non faceva parte dei convocati per le audizioni e si è aggregato in prefettura solo nella mattinata e all’ora previste per le audizioni. L’uomo ha segnalato che erroneamente, indovinate chi era stato convocato? Il precedente gran maestro, anche lui un medico, proprio Quintino Paola, che intanto si era accomodato al tavolo degli auditi. “Non so cosa stava facendo questo soggetto, ma acusticamente, era molto semplice ascoltare ciò che veniva detto all’interno del salone anche durante le audizioni dei rappresentanti delle associazioni massoniche, che tra l’altro erano state secretate, su richiesta degli auditi. A meno che non fosse sordo al 150 per cento, si sentiva tutto”. Ha affermato l’ex senatore Morra. La vicenda venne comunque archiviata dalla procura di Trapani.

 

Banche e business

 

Facendo una semplice ricerca su google si può notare come in provincia di Trapani ad oggi sono attive 98 filiali di banca. Nella provincia del superlatitante, la mafia nel 2016 era riuscita ad infiltrare un’intera banca. A sostenerlo la procura di Palermo che in quegli anni ha ottenuto l’amministrazione giudiziaria per la banca di credito cooperativo “Senatore Pietro Grammatico” di Paceco. Un piccolo istituto che ha fatto la storia della Sicilia: fondato nel 1915, un secolo dopo ha gestito 5 filiali in un’area popolata da quasi trecentomila persone. Solo che secondo gli investigatori da anni subiva le ingerenze di soggetti legati a cosa nostra. Il primo nome finito sul tavolo dei magistrati è quello Filippo Coppola, detto ‘u professuri, condannato nel 2002 per associazione di stampo mafioso: ufficialmente aveva chiuso i suoi conti, ma per gli inquirenti ha continuato ad avere rapporti con l’istituto. Il fratello, Rocco Coppola, era un dipendente della banca. Pare che su 1.500 soci in 326 avevano precedenti penali: di questi in 11 erano stati segnalati perché avevano rapporti con cosa nostra. nella sede dell’istituto gli inquirenti avevano anche trovato traccia di conti fantasma: dentro un armadio chiuso a chiave, diverse carpette contenevano posizioni bancarie intestate a persone che semplicemente non esistevano. “Sono emersi anche dei collegamenti con la massoneria, non sappiamo se si tratti anche della massoneria non ufficiale, ma è la prima volta che una banca finisce sotto amministrazione giudiziaria” ha affermato ai giornalisti, l’allora procuratore aggiunto Dino Petralia. Un collaboratore di giustizia, Nino Birrittella, ha anche descritto che la regia della banca che sarebbe stata in mano a consorterie mafiose e massoniche. Insomma, ancora una volta nel trapanese, delle indagini facevano scoprire come mafia e massoneria riescono a inquinare settori sociali importanti. A oltre trent’anni dalla scoperta della Loggia segreta Iside 2, a Trapani e provincia, la voglia di essere massoni non passa.


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