Non sono le condizioni di salute di Alfredo Cospito ad essere allarmanti, ma il clima di terrore che la galassia antagonista è pronta a far scoppiare nelle piazze del Paese. Se finora a rispondere alla chiamata alle armi del simbolo del Fai, che avrebbe avuto anche contatti con jihadisti e brigatisti, sono state le frange di anarchici che hanno messo a segno attentati anche all’estero contro diplomatici italiani e lanciato molotov alla polizia, ora il fronte delle proteste si allarga.
Dall’intelligence arriva la conferma che alle fila degli anarchici, che stanno minacciando lo Stato e preparando attacchi per mettere sotto scacco il governo sull’abolizione del 41bis e dell’ergastolo ostativo, si sono aggregati non solo i principali gruppi di antagonisti, con i centri sociali, i collettivi studenteschi, i No Tav e i black bloc in prima linea. A scendere in piazza, secondo gli investigatori, saranno anche le nuove realtà del dissenso: dimostranti che, apparentemente, non hanno nulla in comune con i principi alla base della lotta anarco-insurrezionalista, ma che trovano il punto comune nella voglia di rivalsa verso un Paese che ha limitato le libertà durante la pandemia e che non ha ascoltato le istanze di minoranze ormai non più silenziose. Si tratta principalmente degli ecologisti, che finora hanno dato vita a blocchi stradali a scapito di automobilisti, e di gruppi di integralisti no vax e no green pass, che nonostante siano tornati liberi senza alcuna restrizione cercano la vendetta per le “angherie” anticostituzionali subite. Proprio per individuare i nuovi volti della protesta e identificare personaggi violenti che potrebbero infiammare le manifestazioni, la Digos sta monitorando le chat di gruppo delle app di messaggistica istantanea, diventate il canale di raccordo dei partecipanti alle azioni di dissenso. Inoltre sono in corso le analisi delle immagini delle telecamere per individuare i protagonisti delle ultime proteste, andate in scena nel fine settimana tra Roma, Milano e Torino, durante le quali si sono registrati tafferugli culminati con il ferimento di alcuni agenti e terminate con denunciati e fermati. È stata inoltre innalzata a massima l’allerta per il rischio di attentati verso obiettivi sensibili ed è al lavoro la sicurezza nazionale, a seguito delle minacce a esponenti del governo, messi sotto scorta, e della telefonata che annuncia una strage a Bologna.
Mentre il premier Giorgia Meloni ha ribadito che “lo Stato non deve trattare con la mafia e nemmeno con chi lo minaccia”, Cospito resta al 41bis nel carcere milanese di Opera e, per il momento, non è previsto alcun trasferimento nel reparto Servizio assistenza intensificata, l’area dove sono destinati i detenuti affetti da gravi patologie e in cui lavorano medici in grado di intervenire tempestivamente, qualora le condizioni di salute del carcerato si aggravassero a causa del digiuno volontario. L’uomo diventato simbolo degli anarchici, che sta portando avanti da 110 giorni lo sciopero della fame e che dalla scorsa settimana rifiuta perfino gli integratori, per ora è stabile. Il suo stato di salute è ritenuto “non allarmante”, quindi non ci sono i presupposti per richiedere un ricovero nel centro clinico del penitenziario. Il terrorista viene monitorato costantemente dai medici, i quali redigono ogni giorno le relazioni e sono concordi nel ritenere che, dal trasferimento del prigionierio da Sassari a Milano, l’anarchico non si è mai aggravato, pur se il suo fisico è debilitato dal prolungato digiuno. Uno sciopero della fame che il leader del Fai non intende interrompere finché il governo non abolirà l’ergastolo ostativo e il regime del 41bis per tutti i mafiosi e i terroristi. Una battaglia che Cospito avrebbe avviato con la regia occulta proprio di boss e esponenti di spicco della criminalità organizzata. E per la quale è pronto al martirio finale, a lasciarsi morire per scatenare la guerra dei suoi compagni contro lo Stato. Uno scenario che il governo vuole evitare a tutti i costi, tanto che il Guardasigilli Carlo Nordio continua a indicare come “massima priorità” la salute del detenuto. Se il quadro clinico dovesse aggravarsi, è già stato disposto che il prigioniero venga trasferito nel reparto di medicina penitenziaria dell’ospedale San Paolo di Milano.