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Video choc, Pd allo sbando dimissioni in Campidoglio

“A me me compri?”. “Lo ammazzo”. Le minacce pronunciate ad alta voce da Albino Ruberti, capo di Gabinetto del sindaco di Roma Gualtieri, ai commensali nel corso di un pranzo a Frosinone scuotono gli uffici del Campidoglio e il Partito Democratico.

di Rita Cavallaro -


“A me me compri?”. “Lo ammazzo”. Le minacce di Ruberti scuotono gli uffici di Gualtieri Ora si muove la Procura di Frosinone, acquisite le immagini. E il capo di Gabinetto lascia.

Metti una sera a cena con i dem, aggiungi una lite furibonda che i Casamonica a confronto sono più garbati, condisci il tutto con un pizzico di “do ut des” e poi dici che l’assassino è il maggiordomo. È più o meno questo il succo del video choc che vede protagonista Albino Ruberti, capo di gabinetto del sindaco di Roma Roberto Gualtieri. Un filmato che ha creato un terremoto nell’intero Pd, tanto da portare non solo alle dimissioni di Ruberti, ma anche al passo indietro dell’europarlamentare dem ed ex assessore regionale Francesco De Angelis, che ha dovuto ritirare la candidatura alla Camera per le prossime Politiche.

Perché la bufera scatenata da quel video, girato di nascosto da una “gola profonda 2.0” e diffuso dal sito del Foglio, ha imbarazzato non solo il primo cittadino della Capitale, ma lo stesso segretario Enrico Letta, il quale si è limitato a definire le dimissioni “giuste e doverose”. Non ha aggiunto altro il capo del Pd, anche se da un paladino della trasparenza, che ha basato la campagna elettorale sul pericolo per la democrazia in caso di vittoria del centrodestra, sarebbero state “giuste e doverose” le spiegazioni ai cittadini per quella violenza, quelle urla furiose e quella frase che echeggia nel filmato: “Io ti compro”. E forse anche qualche scusa ai cittadini, almeno per salvare l’apparenza e non rendere manifesta la considerazione che i dem hanno dei propri elettori. Perché se il video è scandaloso, altrettanto lo sono le spiegazioni di Ruberti sul motivo della lite. Dove vai? Porto pesci! Tanto gli italiani sono creduloni. Credono alle ombre russe, ai venti fascisti e, nel mentre, i dem che alimentano la macchina del fango fanno i fatti. Fatti che parlano da soli, anzi urlano. Così forte che la Procura di Frosinone ha acquisito il video “incriminato” e aprirà un fascicolo in cui andrà a finire pure l’annotazione di servizio dei carabinieri che, ai primi di giugno, allarmati dai residenti per le grida in strada, avevano chiamato le forze dell’ordine.

I militari, però, all’arrivo davanti al ristornate ”Da Plinio” in via Aonio a Frosinone, non avevano trovato nessuno. I compagni “di lotta e di governo” erano già andati via. Al tavolo, prima dell’epilogo sfociato in violenza, non c’erano “quattro amici al bar”, ma gente che gestisce la politica dem e gente che gestisce i soldi. Oltre ad Albino Ruberti, già capo di gabinetto di Zingaretti in Regione e fino a ieri capo di gabinetto di Gualtieri a Roma, c’erano la sua compagna Sara Battisti, vice presidente regionale del Pd del Lazio, l’europarlamentare Francesco De Angelis nonché presidente del Consorzio Industriale del Lazio, il più grande d’Italia, il fratello di quest’ultimo, Vladimiro De Angelis, il più importante broker della zona del Frusinate per quella che è una costola di UnipolSai, il colosso assicurativo della sinistra. C’era Adriano Lampazzi, un collaboratore dell’eurodeputato, e la sua compagna. Nel filmato si sente Ruberti gridare come un ossesso: “A me te compri? Te dico che m’ha detto tu’ fratello a tavola: me te compro! Sto pezzo de merda. Deve venire qui a chiedermi in ginocchio pietà, adesso. Se deve inginoccha’ e chiede’ scusa. Sennò lo scrivo a tutti che m’ha detto. Si deve inginocchiare! Non me ne frega un cazzo. Se deve inginocchiare, quella merda. Li ammazzo. Lo ammazzo. Li ammazzo. Si deve inginocchiare, sennò io stasera scrivo quello che mi avete chiesto a tavola. Non si deve permettere di dire “te compro!” A me me compri? Sta merda de Vladimiro. Cinque minuti ve dò. Vi sparo! T’ammazzo. Cinque minuti qui, in ginocchio tutti e due”. Ruberti è del tutto fuori controllo, non servono a nulla i tentativi della Battisti di calmarlo e neppure gli avvisi di qualcuno che comunica che stanno arrivando i carabinieri. Il filmato si chiude con un grido straziante: “Oddiooo”. Ruberti, nel rassegnare le sue dimissioni, ha fatto sapere che il litigio è sfociato “per motivi calcistici”. Deliri da Lazio-Roma, se non fosse che i commensali alla tavola di Ruberti sono tutti juventini. “È chiaro che non può essere considerata una cena privata ma quantomeno istituzionale o di lavoro”, sostiene Marco Montecchi, di Valore Liberale. E allora, perché tanta violenza che ci si aspetterebbe da picciotti della mala e non certo da un esponente di spicco dei democratici? Probabilmente la risposta va ricercata nel clima di tensione che a giugno si stava consumando tra l’AreaDem della provincia e il Pd romano, a causa dei dissidi per il candidato alle prossime Regionali. Proprio in quei giorni, Sara Battisti aveva duramente attaccato il segretario regionale Bruno Astorre per la candidatura alle Primarie del vicepresidente della Regione Daniele Leodori. Il Pd romano, infatti, stava tentando di imporre il nome di Enrico Gasbarra senza neppure passare per le Primarie. E lo stesso Francesco De Angelis, che l’8 giugno aveva partecipato all’evento in cui Leodori aveva annunciato la sua corsa, si era poi pentito, decidendo di appoggiare Gasbarra, in contrapposizione con i desiderata locali. Una spaccatura così forte da spingere Letta a congelare i nomi a dopo l’estate. E a quel tavolo, tra chi amministra il Pd romano e chi gestisce i soldi, quella spaccatura dev’essere riecheggiata così forte da sfociare nella parabola “del cavaliere bianco e del cavaliere nero”. Dove il cavaliere nero, non per colore politico ma per modi fumantini, è Albino Ruberti, conosciuto anche come Rocky, per la personalità da pugile da strada o da Gigi il bullo. Uno che durante il Primo maggio del 2020 violò le restrizioni del lockdown organizzando una grigliata di pesce in terrazzo e che, all’arrivo dei poliziotti, disse all’agente che gli stava facendo la multa: “Ma lei non sa chi sono io”. Una sorta di “valore” che ha insegnato anche ai figli di 19 e 17 anni, i quali hanno pronunciato la stessa frase quando, lo scorso febbraio, erano stati fermati per un controllo stradale. “Dovete avere più rispetto delle Istituzioni”, gli aveva risposto il funzionario. Un monito che sicuramente serve anche al padre.


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