Cultura & Spettacolo

Ville di lusso e litigi, il piacere della superficialità

di Martina Melli -


Io sono per l’alternanza dei registri, per saper godere, equamente, dei film d’autore e dei kolossal hollywoodiani, di Black Mirror e dei reality.
L’importante è farlo con consapevolezza, l’importante è sapere cosa si sta guardando e cosa se ne può trarre di buono.
Alcuni reality di Netflix ad esempio, pur non brillando per spessore, eleganza o acume, sono uno strumento di svago encomiabile.
In tempi come quelli che stiamo vivendo, dove il massacro di bambini e civili innocenti è all’ordine del giorno da 8 mesi, può essere utile, a fine giornata, guardare qualcosa che ci faccia respirare, che assorba la nostra mente con questioni allegre ed esteticamente appaganti come delle lussuose ville californiane vista oceano.
I vari Selling (Selling Sunset, Selling the O.C.) rappresentano questo genere di assuefazione a cui anche i più intellettualmente snob potrebbero soccombere.
Lo show segue le vicende dell’Oppenheim Group, un’agenzia di intermediazione immobiliare con uffici a Los Angeles e nella Orange County (O.C.) specializzata nelle proprietà di lusso. È innegabile che gran parte del potere di fascinazione di questo show sia costituito dallo sfondo porno immobiliare: riprese in picchiata di case multimilionarie con le Ferrari parcheggiate al loro interno e piscine a sfioro con vista sulla spiaggia o sulla città sottostante. La vera ciccia, però, sono gli outfit haute-couture, le finte amicizie, le invidie e gli screzi tra le drama queen che lavorano nell’agenzia.
Selling The O.C. è arrivato alla terza stagione, da pochi giorni in streaming sulla piattaforma. Stagione che ruota soprattutto intorno allla love story tra i due colleghi e amici Alex Hall e Tyler Stanaland.
C’è da dire che molti nel fanclub di Selling Sunset e Selling The O.C. sono grandi appassionati di Real Estate di lusso e dunque si lamentano di quanto la serie si fossilizzi sulle diatribe tra i protagonisti o sulle storie d’amore. Che lo si guardi per una ragione, per l’altra o per entrambe, questo format è il punto di arrivo di una ormai consolidata e non più giovanissima generazione di reality Tv. Ha imparato tutte le lezioni delle produzioni che hanno fatto storia. Ha preso elementi diversi da grandi successi: la sfarzosa domesticità delle Kardashian, le donne che si detestano l’un l’altra ma che sono costrette a frequentarsi quotidianamente; le interviste dritte in camera alla Geordie Shore con i protagonisti che si sputtanano a vicenda. Sono belle persone? Solo esteticamente. Sono simpatiche in qualche modo? Tendenzialmente no. Il pubblico onesto, che lavora, con quoziente intellettivo anche sopra la media, potrebbe non riuscire più a distogliere lo sguardo, come davanti al filmato di un intervento chirurgico o di una ricetta di Benedetta Parodi. Guardare Selling Sunset è come fumare una sigaretta: sai che è veleno e che ti danneggia ma è troppo piacevole arrendersi alla vacuità.


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