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Viminale al lavoro da mesi per monitorare il disagio

di Rita Cavallaro -


La piazza si prepara ma lo Stato c’è. È stata attivata la procedura di attenzione in vista delle proteste già in programma nell’autunno caldo del caro bollette. I venti di crisi, con le famiglie allo stremo per l’inflazione galoppante e le aziende sull’orlo della chiusura per l’impossibilità di pagare il costo dei consumi elettrici, soffiano sulle manifestazioni e concretizzano il serio rischio che tra i dimostranti possano nascondersi infiltrati, pronti a cavalcare le proteste per creare disordini. Gente a cui non frega nulla di protestare pacificamente per i diritti, ma che sull’onda dei diritti vuole scatenare la rabbia sociale e i tafferugli in piazza. “Ogni giorno riceviamo informative, ma la situazione è sotto controllo”, dicono dagli ambienti di sicurezza. I profili sono tracciati, sanno già chi sono le teste calde e quali ambienti si stanno muovendo per soffiare sul fuoco della disperazione. Sotto la lente ci sono soprattutto le frange di anarchici e gli ecologisti, che dai centri sociali stanno organizzando le azioni da mettere in campo. Mosse e obiettivi che, nella realtà, sarebbero già stati analizzati e previsti nel corso degli ultimi vertici, dai quali sono venute fuori le informative finite sulla scrivania del ministro degli Interni, Luciana Lamorgese, e diramate sia agli agenti della Digos in borghese, che si confonderanno tra la folla per tenere sotto controllo alcuni personaggi, che ai dirigenti dei reparti impiegati per l’ordine pubblico. Il nodo delle azioni dimostrative è soprattutto ideologico: se nel periodo della pandemia a fomentare la piazza erano gruppi di no vax e no green pass radicati negli ambienti di destra, oggi si sono riattivate le “cellule” della sinistra, di quell’antagonismo che, se governa il centrodestra, scende in piazza con l’obiettivo di spaccare tutto e di mettere Roma a ferro e fuoco. Non è un caso che l’ultimo grave episodio di scontri di piazza risalga al 15 ottobre 2011, quando gruppi organizzati di violenti diedero vita alla guerriglia di piazza San Giovanni, con cassonetti incendiati e bombe carta che impiegarono centinaia di agenti per ore e il cui simbolo è rimasto Er Pelliccia, uno studente con il volto coperto immortalato mentre lanciava un estintore tra le fiamme. Scene che Roma non può più permettersi e che vanno evitate anche a costo di limitare gli spazi concessi ai dimostranti. E ogni frase detta ai microfoni dagli animatori delle proteste sarà soppesata con attenzione, per scongiurare che gruppi preorganizzati si stacchino per colpire un obiettivo, come hanno fatto gli esponenti di Forza Nuova il 9 ottobre scorso, con l’assalto alla Cgil. Il piano prevede che non vengano più autorizzate manifestazioni in luoghi troppo ampi e con diverse vie di fuga, privilegiando invece piazze piccole, come ad esempio Santi Apostoli, dove concedere sit-in e non certo cortei che si snodano con migliaia di persone in marcia per le vie della città. Ma di fronte a manifestazioni che prevedano una partecipazione più numerosa, la Questura, al fine di garantire il diritto sancito dalla Costituzione a protestare democraticamente, potrà destinare agli eventi il Circo Massimo, il cui controllo è già stato rodato durante le proteste del periodo più caldo della pandemia. Sorvegliati speciali e attualmente off limits i Palazzi del potere: c’è l’ordine di negare autorizzazioni a raggiungere la zona di Montecitorio, punto nevralgico soprattutto in questi giorni, in cui dovrà insediarsi la nuova legislatura e sono in corso gli incontri della maggioranza che si appresta a formare il nuovo governo a guida Meloni.


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