Violenti scontri in Siria tra truppe di sicurezza e fedeli di Al-Assad: oltre 200 morti e decine di feriti
La Siria è stata teatro di una nuova ondata di violenze e scontri che hanno provocato la morte di almeno 237 persone, tra cui 142 civili, e il ferimento di decine di altre. Gli scontri sono esplosi nella provincia costiera di Latakia tra le forze di sicurezza siriane e uomini armati fedeli al deposto presidente Bashar al-Assad. Lo ha riferito l’Osservatorio siriano per i diritti umani (SOHR), sottolineando che si tratta degli scontri più sanguinosi dalla caduta del regime di Assad.
Le violenze sono state innescate da un’imboscata contro una pattuglia della polizia siriana nella città di Jableh, vicino a Latakia. Secondo Rami Abdurrahman, direttore del SOHR, gli assalitori appartengono alla comunità alawita, la stessa della famiglia Assad. Gli uomini armati hanno preso il controllo della città natale dell’ex presidente, Qardaha, aggravando ulteriormente la tensione nella regione.
Le autorità siriane hanno imposto un coprifuoco di 12 ore nella vicina città di Tartus per evitare ulteriori disordini, mentre ingenti rinforzi sono stati inviati nella regione. L’agenzia di stampa statale Sana ha confermato che elicotteri militari sono stati impiegati per contrastare gli attacchi dei miliziani filo-Assad. Inoltre, combattenti fedeli all’ex generale Suheil al-Hassan, noto come “La Tigre”, hanno partecipato agli scontri contro le forze di sicurezza governative.
Sajed al-Deek, un alto funzionario della sicurezza, ha dichiarato che la situazione è sotto controllo e ha invitato la popolazione a evitare di fomentare tensioni settarie. Nel frattempo, le autorità hanno arrestato l’ex ufficiale dell’intelligence, il Magg. Gen. Ibrahim Hweiji, accusato di aver orchestrato l’assassinio del leader druso libanese Kamal Joumblatt nel 1977. La notizia dell’arresto ha suscitato reazioni immediate, tra cui un messaggio sui social da parte di Walid Joumblatt, figlio del leader ucciso, che ha scritto: “Dio è grande”.
La situazione resta tesa, con il timore che le violenze possano ulteriormente destabilizzare una regione già provata da anni di conflitto.
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