Cultura & Spettacolo

The Diplomat è la serie perfetta

di Adolfo Spezzaferro -


Chi vi scrive non è un esperto di serie e ama profondamente il rituale del film visto in sala, senza cellulari che distraggono, senza rumori di fondo (se gli spettatori sono educati, sia chiaro), nel religioso buio che ci fa immergere nel grande schermo. Ma The Diplomat è una serie strepitosa, che non poteva sfuggire alle nostre recensioni, perché puramente cinematografica, sebbene divisa in otto puntate. L’unica pecca di questa produzione Netflix, ve lo diciamo subito, è il finale: come ormai accade per molte serie per le piattaforme streaming, anche questa si conclude in stile “fine primo tempo”. Lasciandoci tutti con la curiosità di capire cosa sia successo, appesi in un fastidioso limbo, desiderosi di andare avanti. In trepidante attesa della seconda stagione. Finale a parte (stanno già girando il seguito, ovviamente), le otto puntate volano, tanto che sembrano solo quattro: il ritmo, la trama, la recitazione sono tali da spingere alla visione tutta di un fiato, magari in un fine settimana. Eppure l’argomento – le crisi internazionali, la diplomazia, la politica estera – non è esattamente rivolto al grande pubblico. Ma il modo in cui sono mostrati i temi – con tanto di tecnicismi e procedure istituzionali – è alla portata di tutti. A dare quel pizzico di thrilling tipico delle spy story poi ci pensa l’intreccio, dove i fatti che riguardano le nazioni, gli equilibri globali e un possibile conflitto Usa-Russia – che serie realistica… – sono legati a doppio filo con le vicissitudini dei personaggi, con le loro ansie e paure, con i loro desideri e i loro amori.
Questa la trama. Kate (la bravissima veterana di grandi serie Keri Russell) sta per partire per Kabul in missione umanitaria quando il presidente degli Stati Uniti decide di nominarla ambasciatrice a Londra nel pieno di una crisi internazionale: una nave militare britannica è stata colpita non si sa da chi, con decine di vittime. Kate, donna d’azione abituata a operare nelle zone di guerra, non ha voglia di accettare, ma non può rifiutare: è un ordine. Con lei c’è il marito Hal, (l’irresistibile Rufus Sewell) diplomatico di carriera anche lui e stimato dai leader di mezzo mondo, ora “retrocesso” a first lady. Il matrimonio dei due è in crisi, e il nuovo incarico di Kate non aiuta a salvarlo. Visto che Hal, vera leggenda nell’ambiente, è uno che non sa stare al posto suo e prende molta iniziativa. Kate non è molto portata per il dress code e l’etichetta britannica, ama i pantaloni neri a prova di eventuale macchia e spesso ha i capelli in disordine. Nella lussuosa sede dell’ambasciatore Usa a Londra pertanto lo staff cercherà di adeguare il look alle circostanze e all’altezza del ruolo e degli interlocutori ufficiali di Kate. Poi si scoprirà che la Casa Bianca ha ben altri (ambiziosi) progetti per la protagonista e che dietro l’attacco alla nave britannica c’è molto di più di quello che si crede. Il tutto mentre si seguono le vicende intrecciate di Kate con il ministro degli Esteri britannico, della capo divisione della Cia a Londra che ha una relazione non pubblica con il vice capo missione all’ambasciata, dei contatti segreti presi dal marito Hal con potenze con cui ufficialmente i rapporti diplomatici sono interrotti. Sullo sfondo, l’eterna incessante lotta per il potere, non solo negli Usa ma anche nel Regno Unito.
Le situazioni mostrate sono tutte credibili così come gli snodi narrativi, che non sfociano mai nella fantapolitica o nell’irrealistico. Durante lo svolgimento dei fatti si scopre infatti che l’Iran è inizialmente il principale indiziato dell’attacco, e si scopre pure che la Russia è in guerra con l’Ucraina. I mercenari russi in Africa invece hanno un altro nome (ma sono la Wagner), così come il presidente Usa è anziano ma non si chiama Biden. I rapporti tra la Casa Bianca e Londra, così come quelli tra Londra e Parigi e tra Washington e Mosca rispecchiano la realtà dei fatti, e quindi il plot è molto credibile, per chi segue un minimo la politica estera.
Tuttavia la grande forza di questa serie, creata da Debora Cahn, già produttrice di Homeland e sceneggiatrice – tra le altre serie – di The West Wing e Gray’s Anatomy, è nei dialoghi e nella psicologia dei personaggi. Il risultato finale è più che buono perché oltre ad essere ben scritta, la storia è magistralmente interpretata da una squadra di attori tutti pienamente in parte. Su tutti però svetta la Kate della Russell: una donna a tutto tondo, che sa essere lucidamente concreta sul lavoro, che sa gestire i rapporti di potere, che sa tenere a bada un marito ingombrante, che però è in crisi sentimentale e piena di ansie. Non vediamo l’ora di rivederla in azione.


Torna alle notizie in home