Cultura & Spettacolo

Vivere oggi : il perché e il come Cronaca di un “trade off” annunciato

di Redazione -


“It’s a long, long way …”(1) il percorso di un dilemma comportamentale tormentato e tormentoso, che si ripropone prepotentemente alla società e agli individui nei casi pervasivi e prolungati di eventi critici : “Chi ha un perché per vivere sopporta quasi ogni come” (2). I corni del dilemma sono i due sostantivi “perché” (fine, motivazione) e “come”  (modo, mezzo) correlati al “vivere” da umana sopportazione e prudenziale cautela (“quasi ogni”). Sono termini già contemplati da varie prospettive, accomunate dalla ricerca di senso per le scelte di vita personali e collettive, con focus di carattere: pragmatico, “est modus in rebus”; motivazionale, “il fine giustifica i mezzi”; comportamentale, nella vita come “nell’arte e nell’amore non si può essere turisti (3)”.

Anche nell’attuale situazione di crisi le tre dimensioni convergono – o almeno dovrebbero tendere a farlo- all’interno dei criteri etici, economici, organizzativi di valutazione dei valori da inserire nella “best practice”di scelte e conseguenti decisioni operative ai vari livelli. 

In effetti la pandemia sta funzionando da cartina di tornasole, accentuando l’evidenza delle prese di posizione differenti, e talora inconciliabili, da parte di persone, istituzioni e società tutta nei confronti delle singole prospettive, dei valori da esse rappresentati e della possibilità di un loro bilanciamento. Alcuni enfatizzano i valori connessi al “perché” attribuendogli il significato talora di fine liberamente scelto e talora di causa indotta da circostanze di necessità. 

Solo con priorità successiva si pongono il quesito su quanti “come” ci siano per realizzare il loro “perché”, sulla scelta di quello giusto –o comunque ottimale- a fronte delle opzioni praticabili  coerentemente con le risorse disponibili e compatibilmente con la negatività di inevitabili effetti di natura materiale e psicologica indotti sulla precedente percezione di normalità. Altri enfatizzano i valori del “come”attribuendogli il significato, in modalità e misura, di resilienza dello stile di vita adottato e di macro (libertà, economia…) e micro (abitudini, usanze…) esigenze di contesto da continuare “todo modo” a soddisfare ancorché in scenari di riferimento pesantemente mutati. Il “perché” assume successivamente la forma di un processo di spiegazione, razionalizzazione e possibilmente giustificazione della prospettiva scelta. Sussistono peraltro, in entrambe le posizioni, stereotipi di comportamenti al limite del tipo “dolce m’è il sonno e più l’esser di sasso mentre che il danno e la vergogna dura” o sconfinanti nell’opposto “toglietemi tutto fuorché il superfluo”, con il pericolo di una reificazione spesso mercificata dei valori. Il che genera per reazione comportamenti rigidi e talora astiosi  in chi si sente aggredito nei propri diritti (“e’l modo ancor m’offende”) da comportamenti valutati di irresponsabile e immotivata violenza. La disputa trae origine dalla circostanza che ogni valore è una medaglia a due facce: la prima reca l’effigie attraente degli aspetti qualitativi degli obiettivi perseguiti, la seconda l’indicazione realistica degli aspetti quantitativi del costo da sostenere/prezzo da pagare (aspetti ancor più delicati se chi sostiene il costo è diverso da chi paga il prezzo).  “Vien fatto di osservare come, a misura che le dottrine dell’economia politica sono andate attribuendo un peso meno rilevante alla teoria del valore, quest’ultima abbia acquisito importanza maggiore negli studi di filosofia, ove oggi sembrerebbe prevalere l’orientamento di (ri)pensare quella teoria in una razionale ‘possibilità di scelta’”. Fino a comprendere i problemi etici di “assiologia sociale”, termini utili a definire un’analisi dei valori che non si limiti a valutare-apprezzare le sole grandezze economiche (4). Intanto mentre il filosofo si rammarica perché molti conoscono il prezzo e pochi la qualità delle scelte praticabili, l’economista a sua volta rimpiange il loro costo come opportunità alternative perdute, ponendosi la domanda “a cosa devo rinunciare per aderire ad una di esse?”. 

Con riferimento a  quanto sostiene Philip Kotler (5) nell’attuale situazione di crisi, collegata alla pandemia ma in realtà con radici che affondano in anni trascorsi, le aree tematiche riguardanti i valori delle scelte suddette   possono essere compresi con accezione estesa nel suo modello delle 3P: Persone, Pianeta, Profitto. I rispettivi valori diventano oggetto di negoziazione per trovare soluzioni gestionali equilibrate e condivise di difesa, ripresa, sviluppo in chiave sia operativa che strategica. Quando però le posizioni iniziali dei vari attori sociali sono disallineate o addirittura contrastanti, la difficoltà della negoziazione cresce fino a diventare praticamente impossibilità, soprattutto se si è progressivamente diffuso nel tempo un processo di travaso dei valori del perché in quelli del come fino ad ottenere da parte di molti un compiuto “trade off” del primo con il secondo.  Allora l’impegnativo assioma iniziale si traduce nella più comoda constatazione che “chi ha un come per vivere riesce ad ignorare quasi ogni perché”.

Luigi Rugiero

 

(1) “It’s a long, long way for Tipperary”, canzone di J. Judge del primo ‘900 

(2) Citazione attribuita a F. Nietzsche

(3) Citazione attribuita a J. Kounellis , pittore e scultore esponente della corrente “arte povera”

(4) Citazione e adattamento dalla Prefazione a “Problemi di assiologia aziendale”, Gilberto Mazza, Giuffre’ Editore, Milano 1989 

(5) Intervista di Andrea Frollà a Philip Kotler, esperto internazionale di management e marketing strategico (A&F,la Repubblica di lunedì  9/11/2020)      

 


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