Esteri

WHATEVER IT GAS 

di Alessio Gallicola -


I suoi colleghi, capi di Stato e di governo dell’Unione Europea, gli hanno dedicato un omaggio autentico, di quelli che si riservano a chi ha contribuito a scrivere un pezzo di storia. E lui, Mario Draghi, se n’è compiaciuto alla sua maniera, stringendo ancor di più il labbro che lo fa assomigliare a CGB Spender, l’uomo che fuma di X Files. Si è limitato a dire: “Dobbiamo portare avanti le nostre idee, perché hanno a cuore l’interesse europeo oltre che quello nazionale. La credibilità che abbiamo acquisito in questi anni è lo strumento migliore per ottenere i risultati a cui aspiriamo. E le alleanze che abbiamo stretto e che continuiamo a stringere ci convincono che siamo dalla parte giusta”. Nulla più, nessuna concessione alle emozioni, banchiere fino al midollo. D’altronde, lo dice la storia, è questo il ruolo che più gli si addice. E tutti, dalla von der Leyen in giù, glielo riconoscono, al di là delle postazioni che occupano al tavolo europeo, sempre più drammaticamente diviso sulle decisioni da prendere per fronteggiare la crisi del gas.
Anche perché, quando il gioco si fa economico, gli economisti cominciano a giocare. E lui nel settore è un punto di riferimento, da sempre, soprattutto da quando, era il 26 luglio 2012, da presidente della Bce pronunciò quella famosa locuzione, “whatever it takes”, tradotta in “tutto ciò che è necessario”, oppure “costi quel che costi”, che diede il “la” alla battaglia, poi vinta, contro la crisi del debito sovrano.

Pure quella in corso è una battaglia, per alcuni la madre di tutte le battaglie per la sopravvivenza dell’idea di Unione Europea, minata alle fondamenta da una crisi sempre più complessa e dalle conseguenti divisioni dei Paesi membri. Per risolverla, occorre abbassare la tensione ma soprattutto far scendere di parecchio il prezzo del gas, minaccia per famiglie e imprese europee. La soluzione? Il price cap europeo. Un tetto al prezzo stabilito dall’Europa. Draghi lo ha proposto mesi fa, da allora ne parlano tutti, con accenti diversi, dal primo dei capi di Stato all’ultimo dei taxisti di Bruxelles. Ma di decisioni neanche l’ombra.

Oggi, però, è il momento. Ora o mai più. Il Consiglio Europeo è stato convocato appositamente, bisogna uscire con una decisione pratica, che aiuti davvero cittadini e imprese in difficoltà, ma anche politica, che lanci una scialuppa di salvataggio a chi è ancora intenzionato a credere nell’Unione. Le premesse sono tutt’altro che rosee, Orbàn è solo la punta dell’iceberg che marcia compatto verso il “no” al price cap, con l’altro capitano Scholz, il cancelliere tedesco, che appena arrivato ha confermato la sua preoccupazione: un tetto concordato potrebbe provocare come effetto che i produttori si rivolgano altrove per vendere il loro gas e l’Europa resti a secco.

DUE PAROLE

E allora, che si fa? Due parole: price cap. E non perché sia la panacea di tutti i mali, ma per un motivo legato più alla percezione che alla realtà. Con i mercati funziona così: basta evocare una scelta per capire come tira il vento. Esattamente ciò che è successo con il tetto: appena l’Ue ha lanciato messaggi di unità sul tema, i mercati si sono placati. Risultato? Ieri il famigerato Ttf, la Borsa di Amsterdam, quotava il gas a 118 euro al megawattora, meno di metà del picco raggiunto il 26 agosto, quando era arrivato a sfiorare i 350 euro. Esattamente come era successo con il Next Generation Eu, quando la speculazione era stata costretta a fare marcia indietro di fronte alla compattezza di Bruxelles.

LA STRATEGIA

Ecco perché il gruppo dei favorevoli, guidato da Draghi, spinge per l’applicazione del tetto. “Abbiamo visto un calo dei prezzi, quindi alla fine dei conti un tetto potrebbe anche non essere necessario”, dicono. Finalmente si dirada la nebbia sulla strategia Draghi: per orientare i mercati, basta la parola. Poi, anche se i fatti non seguono, pazienza. D’altronde, ha spiegato l’ex Supermario ai colleghi leader europei, avevo fatto lo stesso col “whatever it takes”. Allora bastò pronunciare quell’espressione per scoraggiare la speculazione. I mercati mostrarono di credere alle parole del presidente della Bce e il famoso “bazooka” non fu mai usato. Pochi lo ricordano ma purtroppo la memoria, tecnicamente “la capacità del cervello di conservare informazioni”, non è patrimonio di tutti. In ogni caso, la mediazione si giocherà ancora una volta sulle parole. In inglese si chiama “wording”. Sedici Paesi, tra cui l’Italia, vorrebbero che le conclusioni di oggi si basassero su un documento più assertivo sul tetto. L’attuale formulazione è che il Consiglio Europeo ha concordato di “esaminare un tetto temporaneo e dinamico ai prezzi del gas naturale”. La prima bozza, invece di “esaminare”, riportava il termine “esplorare”. E già il cambio di verbo è bastato a dimezzare il prezzo. Se ora, si ragiona, potessimo usare addirittura “proporre”, che significa dare un mandato forte alla Commissione affinché si muova, chissà cosa potrebbe succedere. Magari il miracolo di un prezzo del gas che continua a rotolare all’ingiù. E di un’Europa che riprende a credere in se stessa.


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